Nozze fatte. A usare la metafora ci pensa il quotidiano El País che parla di due sposi all’altare e di un amante respinto. Pedro Sánchez, il leader dei socialisti, e Albert Rivera, il giovane rampante della nuova formazione di Ciudadanos, sono vicini ad un accordo di governo. E tutto a scapito di Pablo Iglesias, relegato al ruolo di “voyeur”. A dire il primo sì, e per ben cinque volte, è stato proprio l’uomo del Psoe che in una fulminea conferenza stampa ha annunciato di aver accettato le condizioni proposte da Rivera. “Siamo vicini a un patto tra due forze politiche di rilievo, una del centrodestra e l’altra del centrosinistra, e questo sarà un buona base di partenza per guidare una politica del cambiamento“.

I cinque sì erano tutti rivolti alle riforme costituzionali che Ciudadanos, poche ore prima, aveva presentato al partito socialista: abolizione delle assemblee provinciali e riduzione del numero dei senatori, abolizione dell’immunità parlamentare, depoliticizzazione della giustizia, mandato massimo di otto anni per il presidente del governo, riduzione del numero di firme previste (da 500mila a 250mila) per facilitare leggi d’iniziativa popolare. Nelle prossime ore il leader di Ciudadanos convocherà una riunione col direttivo, che dovrà accettare l’accordo per spostare il voto dei suoi 40 deputati a favore del Psoe. Anche i socialisti dovranno parlarne internamente, già domani, prima di sottoporre il patto al voto dei 200mila militanti, probabilmente sabato 27 febbraio. Il 1 marzo, infatti, anticipando il calendario di un giorno, comincerà il dibattito in Parlamento sulla possibile investitura di Sánchez.

E sugli altri tavoli aperti? Il leader dei socialisti non ha spiegato cosa succederà adesso in merito ai negoziati in corso con Podemos e Izquierda Unida. “Il partito vuole aggiungere al cambio altre forze politiche” ha lasciato intendere ai giornalisti. Eppure i conti non tornano. Se l’accordo sarà ultimato, i due partiti avrebbero 130 seggi su 350. E servirebbe almeno un’astensione netta di Podemos o del partito popolare per cominciare la nuova legislatura. Il voto contrario non permetterebbe a Pedro Sánchez di guadagnarsi un posto alla Moncloa.

Lo sanno bene dal Podemos. Pablo Iglesias pochi minuti fa ha fatto sapere, rispondendo ad una serie di domande nella sala stampa del Congresso dei deputati, che, anche dietro questo accordo, non ci sarà nessun governo. “I numeri non ci sono: sono 90 più 40”. Il timore è che Rivera possa ottenere qualche accordo indiretto coi popolari per un governo di larghe intese. Ma se fosse così la leadership di Sánchez, spiega Igleasis, verrebbe meno. “Non è un accordo di governo né d’investitura. Quello che noi proponiamo è diverso e si avvicina di più alla realtà matematica: un governo di coalizione e di progresso”. Il leader di Podemos ha anche assicurato che il suo partito non voterà a favore di un governo di Sánchez, con il beneplacito di Rivera. “Un governo con Ciudadanos è assolutamente irrilevante”.

Nemmeno i popolari, almeno per il momento, sembrano prendere sul serio le nozze Psoe-Ciudadanos. Secondo Rafael Hernando, portavoce del PP al Congresso, si tratta solo di un “teatrino”. I popolari non solo rifiutano le cinque condizioni proposte da Ciudadanos, ma si avvarranno della possibilità di bloccare l’investitura di Pedro Sánchez al Congresso e soprattutto in Senato, dove hanno maggioranza assoluta. Hernando ha ribadito poi che il PP non accetterà mai nessuna riforma “express” della Costituzione. Come a dire, se Sánchez non trovasse un alleato sottobanco, con ogni probabilità il prossimo giugno Madrid tonerà alle urne.

@si_ragu

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