Una delle prime cose che si notano a Nairobi, sono le cosiddette “misure di sicurezza”: per entrare in qualsiasi luogo, dal ristorante al centro commerciale, alle case private, si devono varcare cancelli sorvegliati da guardie. Sono le famose gated communities. Ognuno dei luoghi di cui sopra è circondato da muraglie e/o recinzioni ed è dotato di guardie ai cancelli (e non solo). Alcune di queste recinzioni sono dotate di accessori piuttosto elaborati, come reticolati elettrificati sulla sommità dei muri perimetrali, altre, di ornamenti più artigianali, come cocci di vetro murati nella stessa posizione. Per entrare in qualsiasi luogo, frequentato o abitato dalla upper middle class, è necessario sottoporsi a controlli, da parte degli askàri al cancello. A volte, questi controlli sono alquanto tediosi (specie se si è costretti a sottoporvisi diverse volte in una giornata), come, ad esempio, il dover vergare il proprio nome e il numero di targa della propria vettura su un apposito registro.

Nessuno che faccia parte della categoria socio-economica suddetta (o che gestisca i luoghi da essa frequentati) si sognerebbe mai di fare a meno di questa sorveglianza. Già, perché una delle leggi economiche meno apprezzate dei “liberisti de noantri” vuole che, “dove lo Stato è minimo, la criminalità tende sempre verso il massimo”. D’altra parte, quando circa un milione e mezzo di persone vive negli slums (Kibera, Mathare, Korogocho, per citare solo i più noti ) è facile che vi sia un consistete numero di poveri che cerchi la “giustizia distributiva” con altri mezzi (siano essi con armi da fuoco, da taglio o con scasso).

Così si è costretti a spostarsi in automobile da un “gate” all’altro anche solo per comprare un litro di latte. Non che sia impossibile spostarsi a piedi, tuttavia, date le distanze, il traffico che rende difficile qualsiasi attraversamento stradale (ma di questo parleremo in seguito) e lo stato miserando dei marciapiedi, questa è un’opzione che si adotta di rado, ed esclusivamente durante il giorno (e solo in alcune aree).  Se, invece, volete fare due passi dopo l’imbrunire, allettati dal clima mite, in quel caso vale lo stesso avvertimento che ci diedero gli askàri nel post sul leone e la gazzella: “dopo il tramonto escono gli animali pericolosi”. Purtroppo, nel caso della giungla metropolitana, la passeggiata serale è molto più rischiosa perché, coloro che sono troppo poveri per soddisfare anche le più elementari esigenze, tendono a considerare la vostra persona sub specie di ostacolo tra loro e il vostro portafoglio. Non per niente i fisiocratici, antesignani dei “liberisti de noantri”, assimilarono le leggi economiche a quelle di natura. E il “darwinismo sociale” (Herbert Spencer) precedette quello biologico.

Di giorno, viceversa, anche se il pericolo è incomparabilmente minore, la fluidità del passo dell’intrepido camminatore, è alquanto ostacolata dalla massiccia presenza di questuanti, anche se, da quel punto di vista, i paesi europei si stanno rapidamente mettendo al passo (il più grande successo dell’Euro). Tuttavia, quello che qui colpisce è la grande quantità di fanciulli in età scolare o, addirittura, pre-scolare che si dedicano, a “tempo pieno”, all’attività di accattonaggio. Sono i famosi “bambini di strada” (street kids) che abbondano in ogni “Stato minimo”: ovvero esserini che sono stati abbandonati dai genitori quando erano molto piccoli e, data la mancanza servizi sociali all’uopo (cosa molto apprezzata dai liberisti), essi sono costretti a vivere per strada, potendo solo esercitare questa attività per sbarcare (malamente) il lunario.

Un’altra differenza, rispetto all’accattonaggio del vecchio continente, è la creatività delle tecniche adottate (la necessità è la madre delle invenzioni). Qui non vi sono suonatori di vario genere, acrobati o giocolieri di strada, il massimo dell’ingegno mendicante europeo. Questi fanciulli di strada adottano pratiche assai più originali come, ad esempio, avvicinare i passanti impugnando una manciata di escrementi e minacciando di farli oggetto del lancio dei medesimi, qualora questi non devolvano loro la giusta mercede. Il “darwinismo sociale”, a volte, può prendere pieghe inaspettate

Certo che la presenza di una grande massa di derelitti, è foriera di numerosi vantaggi per il liberista che si rispetti come, ad esempio, l’abbondanza di personale a buon mercato per ogni tipo di “mansioni servili” che hanno il pregio (liberisticamente parlando) di non contribuire all’arricchimento del paese e, quindi, ad un benessere diffuso, perché, come diceva Adam Smith “Il lavoro di un servitore domestico, viceversa, non aggiunge valore a nulla”. E così si evita il rischio che i miserabili possano affrancarsi dalla loro condizione di indigenza.

Una fantesca a tempo pieno, ad esempio, non costa più del corrispettivo di un centinaio di euri al mese, così un giardiniere; poco di più un autista. E questo è un bel comfort per quella upper middle class vessata da una vita di cattività in nome della sicurezza. Ma questo non sarebbe possibile senza un’altra caratteristica dello “Stato minimo”, che è quella di avere sempre un consistente “esercito industriale di riserva”

D’altra parte, sin dai tempi di Mandeville (La favola delle api), i liberisti sanno che: “L’unica cosa che possa rendere assiduo l’uomo che lavora è un salario moderato. Un salario troppo cospicuo lo rende insolente e pigro. […] Per rendere felice la società e per render il popolo contento anche in condizioni povere, è necessario che la grande maggioranza rimanga sia ignorante che povera”.

(Continua)

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