“Abbiamo vinto una battaglia, ma non siamo riusciti a vincere la guerra contro la mafia”. A dirlo il generale dei carabinieri in congedo Angiolo Pellegrini, comandante della sezione Anticrimine di Palermo tra il 1981 e il 1985, reparto speciale alle dipendenze del Pool Antimafia. A pochi giorni dal trentennale del maxiprocesso di Palermo, che avrebbe portato alle condanne per la cupola mafiosa, Pellegrini prende posizione sulle occasioni perse nella lotta alla mafia, intervenendo alla presentazione del suo ultimo libro “Noi, gli uomini di Falcone. La guerra che ci impedirono di vincere“, scritto insieme al giornalista Francesco Condoluci. “A un certo punto – continua Pellegrini all’incontro organizzato da WikiMafia – Libera Enciclopedia sulle Mafie – abbiamo iniziato ad avere ostacoli e rallentamenti nelle indagini”. Intoppi come il trasferimento di Giovanni Falcone o l’omicidio di alcuni suoi collaboratori, e la loro sostituzione con persone che non avevano la loro stessa capacità professionale. “Lo Stato ha avuto la possibilità di tirare il calcio di rigore all’ultimo minuto, ma ha preferito tornare negli spogliatoi”, commenta Nando Dalla Chiesa, docente di Sociologia della Criminalità Organizzata. E se oggi ci fosse un nuovo maxiprocesso, le cose andrebbero diversamente? “Sperando che i legami che c’erano tra lo stato-mafia e lo stato-legale siano cessati”, chiude Pellegrini

 

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