Per molti amanti della musica d’arte, specie di generazione recente, il nome Kleiber equivale quasi sempre al grande Carlos. Ma forse vi fu un Kleiber più grande, che pesò non poco sulle spalle di Carlos e cioè quel titano che fu il padre, Erich, direttore insigne, intransigente nella vita e nell’arte, che nel 1956 usciva di scena, il giorno del bicentenario della nascita dell’amatissimo Mozart. La Universal, sollecita di ristampe in box del suo catalogo storico, ha riunito le incisioni Decca e qualche incisione radiofonica, per un totale di 12 cd, tutte più o meno note agli amanti delle esecuzioni storiche.

Per limitarci all’analisi di questo prezioso cofanetto diremo che sono reperibili per fortuna molti live radiofonici degli anni ’40 e ’50 e registrazioni degli anni ’20 e ’30 che sono essenziali e godibilissime, ma il box Universal da solo è sufficiente per apprezzare le doti interpretative di questo gigante. A dire il vero per alcuni casi non si tratta di ‘riesumazioni’ ma di classici mai usciti di catalogo. Ma procediamo con ordine. Dal 1949 alla morte, il direttore austriaco, ritornato in Europa da cui era emigrato per avversione al nazismo, fu sotto contratto con la compagnia inglese e iniziò a incidere il suo vastissimo repertorio, con priorità per i classici. Quindi troviamo alcune sinfonie di Beethoven (3, 5, 6 ,7, 9), diverse incise due volte per il perfezionamento della tecnologia di registrazione, le Danze tedesche e un paio di sinfonie di Mozart (39, 40), la Grande di Schubert, la rara Prima di Weber. E poi due registrazioni operistiche che fecero epoca e che rimangono tra le più belle in discografia: Nozze di Figaro e Rosenkavalier.

Partiamo da Beethoven. Una visione, la sua, assolutamente peculiare: asciutta quasi ascetica, assai stretta nei tempi, senza grosse variazioni agogiche, oggettiva, neoclassica, tutta il contrario dell’interpretazione di un Furtwängler, estremamente libera nei tempi e nell’agogica. Esecuzioni che riflettono un intelletto mercuriale, intento ad una perfetta leggibilità verticale: tutti gli eventi dovevano essere perfettamente articolati e ben chiari, nessuna opacità o ambiguità. Potrebbe ricordare un poco la visione di Toscanini se non mancassero in Kleiber la vis polemica e, soprattutto, le rudezze di fraseggio che erano tipiche, in Beethoven, dell’italiano.

Particolarmente intense la Quinta e la Terza con il Concertgebow di Amsterdam, strumento più flessibile che idiomatico nelle mani del direttore rispetto ai sempre mirabili Wiener. Il suo Mozart sinfonico suona più ‘datato’ anche se pieno di fascino. Il solco rimane quello tedesco della sua generazione, quindi ci suona un po’ pesante ma non nei tempi, è solo il suono, che rimane prettamente tardo-romantico. Diverso il discorso per le Nozze che è un felice documento dell’opera di Vienna di quegli anni, voci preziosissime su cui spicca il Figaro dell’immenso Cesare Siepi, basso mozartiano come altri mai, unico neo di questa magnifica incisione è noiosissimo Conte di Almaviva di Alfred Poell.

Ma la perla assoluta rimane il Rosenkavalier, inciso nel giugno del 1954. Il cast è semplicemente perfetto, forse si avrebbe da ridire sulla Marescialla un po’ fanée di Maria Reining che però è così accattivante nella parte che si percepisce appena. Sena Jurinac è un perfetto Octavian, Hilde Güden è una meravigliosa Sophie. Il Barone Ochs è, a ben guardare, il migliore in discografia: Ludwig Weber ne traccia un ritratto insuperato per intelligenza e mobilità psicologica oltre che per vis comica e bellezza vocale. Delizioso il cammeo dell’elegantissimo Anton Dermota nelle vesti del Cantore Italiano.

L’orchestra è naturalmente superba: i Wiener tirati a lucido per le grandi occasioni e su tutto regna lui, Kleiber, che stacca dei tempi ideali, con sottolineature caricaturali imbattibili ma mai esagerate e un’aura poetica sognante (come nella scena della consegna della rosa) che raramente sono state più credibili. Giustamente la Decca non ha mai fatto uscire fuori catalogo una tale perla, ogni straussiano degno di questo nome dovrebbe avere come gemma preziosissima questa incisione storica. Purtroppo la morte ha troncato improvvisamente (Kleiber aveva 66 anni) una carriera anche discografica che avrebbe potuto darci ancora molto, avremmo gradito un suo Wozzeck (di cui era stato primo esecutore) e molto altro Novecento di cui era stato sommo interprete e di cui non ci resta praticamente nulla. Dobbiamo accontentarci di un lascito parziale che ci rimanda un’immagine falsata di chi era stato Erich Kleiber, ma anche molto di cui essergli grati.

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