Cristiano Ronaldo. Per una sera la differenza tra Roma e Real Madrid sta tutta in un nome ed un cognome. È lui a spezzare l’equilibrio di un match che i giallorossi giocano alla pari dei campioni spagnoli, confermando tutti i progressi fatti intravedere nell’ultimo mese. L’Olimpico è gremito, Spalletti indovina la formazione e la squadra, guidata dall’ispirazione di Perotti e dalle corse di Salah ed El Shaarawi, è quasi perfetta. Non basta però per fermare il Madrid, che di Real per novanta minuti ha davvero poco. La Roma forse avrebbe meritato di vincere, sicuramente di non perdere. Invece cade 2-0 in casa, colpita nel secondo tempo dai gol del campione portoghese e di Jesé, una delle tante riserve di lusso a disposizione di Zidane. Salvo miracoli al Bernabeu, la Champions dei giallorossi è finita. Come da pronostico.

Lo schieramento, tattico e di uomini, è una delle chiavi con cui la Roma pareggia il gap di talento che alla vigilia sembrava incolmabile. Sarà per nostalgia o per convenienza tattica, nella notte più importante Spalletti torna all’antico e al “falso nueve“, da lui inventato in Italia, con cui otto anni fa aveva eliminato il Real dagli ottavi di Champions. Stavolta non è Totti (recuperato e in panchina), ma l’argentino Perotti. E anche il modulo non è il super offensivo 4-2-3-1, ma un ben più coperto centrocampo a cinque in cui agli esterni El Shaarawi e Salah si richiede tanto sacrificio. Tutto preventivato, mentre sorprende di più l’esclusione di De Rossi e Keita per Vainqueur. Il Real si riversa in avanti col possesso e il tridente meraviglia orfano di Bale, ma comunque impreziosito da James Rodriguez al fianco di Ronaldo e Benzema. La Roma aspetta, anche con tutti gli effettivi dietro la linea della palla.

Il piano tattico funziona: Perotti si abbassa e innesca Salah, una freccia in contropiede. Dopo dieci minuti il Real, forse spaventato, è meno padrone del campo. La prima occasione capita sottomisura sui piedi di El Shaarawi, poi non succede molto fino all’intervallo. La Roma non ha sofferto nulla, se non cinque minuti di apnea alla mezz’ora e una conclusione volante di Marcelo. Dando anzi la sensazione di poter far male al centrocampo di palleggiatori madrileno, sempre un po’ troppo pigri a ripiegare. È la partita che voleva Spalletti. E ad inizio ripresa ci vuole anche un’uscita provvidenziale di Keylor Navas per fermare la corsa verso la porta di El Shaarawi. Per questo il vantaggio ospite è un fulmine a ciel sereno, del tutto immeritato: sgroppata di Cristiano Ronaldo, finta a rientrare su Florenzi e tiro (deviato) che si insacca all’incrocio.

I giallorossi sbandano, ce ne sarebbe di che tramortire una formazione molto più sicura di questa Roma. Invece insieme all’ingresso di Dzeko c’è pure la reazione, di cuore e di gruppo: la squadra è davvero in serata. Per dieci minuti il Real è alle corde, ma ha pur sempre l’occasione migliore per il raddoppio, ovviamente con Ronaldo (colpo di testa fuori di centimetri). Anche Dzeko spara fuori da posizione vantaggiosa, l’Olimpico urla di rabbia per un presunto rigore su Florenzi (al di là dell’episodio incriminato, l’arbitro Kralovec ha fischiato a senso unico). Poi a spegnere le speranze giallorosse arriva persino la beffa del raddoppio di Jesé, che rende inutili i cinque minuti finali di Totti. Niente disfatta europea: stavolta la Roma ha fatto un figurone ed esce tra gli applausi dei suoi tifosi. Ma il discorso qualificazione è già praticamente chiuso.

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