La scelta di 21 dirigenti di Fratelli d’Italia di disconoscere la candidatura di Guido Bertolaso dando il loro sostegno a Francesco Storace è solo l’ultimo tassello di una lunga crisi di nervi che da mesi attanaglia il centrodestra romano. I 21 dirigenti sono stati scomunicati da Giorgia Meloni, che li ha accusati di farsi eterodirigere da Gianni Alemanno, ex di Fdi che ora appoggia Storace. Intorno alla candidatura dell’ex governatore si sono ritrovati gli ex amici, ma anche gli ex nemici, della destra storica capitolina.

Alemanno, appunto, l’ex sindaco che in passato è stato uno dei protagonisti della “destra sociale”, e Gianfranco Fini, che invece ne è sempre stato lontano. Storace, altro adepto della “destra sociale”, oltretutto è stato per anni il portavoce e l’addetto stampa proprio dell’ex leader di An. Storie personali e politiche si intrecciano, si perdono e si ritrovano. Fini e Alemanno, tra l’altro, hanno preso di recente una bastonata al congresso della Fondazione An: i due volevano utilizzare le risorse della fondazione per favorire la nascita di un nuovo partito di destra, operazione fatta fallire dall’asse di Giorgia Meloni e Ignazio La Russa con Maurizio Gasparri.

Ma dietro il duello tra il candidato del centrodestra Guido Bertolaso e l’indipendente Alfio Marchini si cela un altro scontro storico della destra capitolina, quello tra Andrea Augello e Fabio Rampelli, i nemici storici del Msi all’ombra del cupolone. Il primo nasce politicamente raccogliendo l’eredità del fratello Tony, storico consigliere comunale del Msi, molto amato dai giovani del Fronte della Gioventù, con un bel pacchetto di voti nella Capitale e nel suo quartiere, Monteverde, lo stesso dove prese la tessera Giusva Fioravanti. Morto prematuramente nell’aprile del 2000, suo fratello minore Andrea, che viene dalle file di Pino Rauti, ne ha raccolto l’eredità politica facendosi eleggere in consiglio regionale per An.

Proprio negli stessi anni in cui veniva eletto alla Pisana anche Rampelli. Quella di quest’ultimo è una storia diversa, come diverso è il quartiere da cui proviene: Colle Oppio, uno dei più “neri” della Capitale. Qui Rampelli ha fondato la sua corrente, i “Gabbiani”, una sorta di setta con gli adepti che una volta alla settimana si ritrovavano per il “richiamo del corno”: tutti in circolo, gambe larghe e mani dietro la schiena, a recitare inni e letture. Anche Augello ha la sua passione mistica: quella per i draghi, su cui ha scritto anche un libro nel 2013, “I draghi d’Italia”.

I due sono agli antipodi e, con le loro correnti, da anni si combattono a suon di incarichi non solo a Roma, ma in tutto il Lazio. E la guerra, continuata con l’ingresso di An nel Pdl, trova il suo apice con l’elezione di Alemanno in Campidoglio e, poi, Polverini in Regione: in entrambi i casi Augello e Rampelli siglano armistizi per aiutare i candidati del centrodestra, salvo poi spartirsi le poltrone e continuare la guerriglia dopo la vittoria. Con l’implosione del partito berlusconiano, infine, scelgono squadre diverse: Rampelli entra in Fdi e ne diventa uno dei pilastri, Augello sceglie il Nuovo Centrodestra di Alfano, salvo andarsene un paio di mesi fa accusando il ministro dell’Interno di essersi ormai spostato a sinistra.

Entrato in Gal, Augello è diventato uno dei maggiori sponsor della candidatura Marchini, ritrovandosi con Alfano. Anche per questo motivo, Rampelli non ha mai preso in considerazione l’opzione Marchini, sostenuto dal suo più acerrimo nemico, optando per Bertolaso. Come ai vecchi tempi del Msi, dunque, dove sta uno non sta l’altro. “Bertolaso non va neanche al ballottaggio”, il commento tranchant di Augello dopo la scelta di Berlusconi. “Marchini è lontano da noi anni luce, era impossibile sostenerlo”, le parole di Rampelli. E così, come sempre, i due si ritrovano su fronti opposti. A farsi la guerra, schierando sul terreno le rispettive correnti. Mentre Storace, che non ha nulla da perdere, se la ride.

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