Poiché domani si celebrerà con tutta la potenza del business commerciale la più fasulla (e zuccherosa) festa che ci sia, quella degli innamorati, vorrei ricordare invece una ricorrenza che è passata non dico inosservata, ma che è partita in sordina. Il 4 ottobre 2015, giorno di San Francesco, ha debuttato in Italia il Giorno del dono. Ci sono voluti quasi due anni (novembre 2013 – luglio 2015) perché il nostro Parlamento promulgasse una legge con l’obiettivo di accrescere la consapevolezza del valore del dono, del contributo reale che le attività legate al dono possono recare alla crescita della società. Perché valorizzare la cultura del dono non può essere incasellabile solo in desiderio astratto (che vira al moralismo) di bontà e giustizia, ma deve significare ben altro, accendere la luce sul fatto che le esistenze “generose” (se preferite improntate ai valori etici) siano più risolte di quelle involtolate su scopi utilitaristici. Viviamo in un contesto che ha fatto dell’efficienza, dei risultati delle prestazioni, l’unico parametro di successo e quindi di felicità. Per combattere queste logiche (ansiogene e addirittura autodistruttive in un momento di recessione come questo) bisogna cercare di sviluppare altre dimensioni, altre modalità di relazione.

A Bolzano, per esempio, tre anni fa è nato Passamano, il primo negozio italiano “Tutto gratis”. Non un luogo di scambio o di baratto, dove fare piccoli o grandi affari, ma un luogo dove mettere in circolo energie positive. Perché ammettere che il servizio di piatti della nonna non serve (anzi intasa) la cucina super accessoriata, è la prima picconata al superfluo, il primo passo verso la consapevolezza del piacere del dare. Perché quel servizio per un’altra persona magari è necessario.

A Milano, da quattro anni si spende per la cultura del riuso e del riciclo Rossella Traversa, che porta avanti iniziative come quella svoltasi novembre scorso alla cascina Cuccagna, che per due giorni si è trasformata in negozio stile “Tutto gratis” (e si è resa disponibile per altri eventi one-shot). Ora la scommessa è di aprire un negozio permanente dove tutto viene portato e donato gratuitamente. Il primo passo è trovare uno spazio fisico da organizzare. Il secondo è creare una squadra di volontari indispensabili per l’avviamento dell’attività e poi per la gestione quotidiana. I Milanesi, si sa, sono generosi. Speriamo che lo sia anche il nuovo sindaco, mettendo a disposizione un luogo dove esercitare l’arte dell’altruismo. Pensate a come potremmo onorare i ricordi familiari offrendoli a chi li usa invece di trasformarli in oggetti morti, dimenticati in cassetti che non apriamo mai o peggio accatastati in cantine umide e polverose.

Articolo Precedente

Pillola del giorno dopo senza ricetta, i farmacisti che si rifiutano di darla commettono reato?

next
Articolo Successivo

Gabriele Morleo e l’arte che torna a raffigurare il conflitto sociale

next