Quando la pizza arriva in tavola è ancora fumante. I clienti apprezzano, sorpresi e soddisfatti. Ciro Sorrentino, 27 anni, napoletano, è capo pizzaiolo a Saigon, in Vietnam. A 21 anni ha capito che in Italia non sarebbe mai cresciuto, “sia umanamente che professionalmente”. Così è partito per un’esperienza all’estero. Oggi, dopo 7 anni passati in giro per il mondo, lavora in un hotel di lusso a sei stelle nel pieno centro della città più popolosa del Vietnam. “L’Italia? Non c’è meritocrazia”, racconta.

Quando entra per la prima volta in pizzeria Ciro ha soli 13 anni. “Ho iniziato per piacere, senza prendere nemmeno un centesimo – racconta da Saigon  –.  Da piccolo mi capitava spesso di rimanere incantato nel vedere il lavoro dei pizzaioli”. Negli anni la passione si trasforma in lavoro. Fino a diventare “sfruttamento”. In media l’impiego occupa più di 10 ore al giorno, “molte in nero”, ricorda Ciro. “Ero il più giovane, e di conseguenza il più sfruttato. A 21 anni ho capito che per migliorare sia economicamente che professionalmente bisognava andare via”.

A 21 anni ho capito che per migliorare sia economicamente che professionalmente bisognava andare via

Un po’ per gioco, un po’ per curiosità, Ciro invia un curriculum a Vienna, in Austria, e viene ricontattato dopo poche ore. È lì che inizia il suo giro per il mondo, che da più di 6 anni e mezzo lo tiene lontano dall’Italia. Prima l’Austria, poi un’esperienza a Parigi, in Svizzera e a Panama. “All’estero non è tutto rose e fiori, ma di sicuro le persone hanno una mentalità molto più aperta”, racconta.

I primi anni fuori non sono facili. Anzi. Le possibilità di crescita, però, sono tante. “Mi sento di dire che chi si improvvisa esperto nel settore, purtroppo prima o poi avrà delle grandissime difficoltà. È fondamentale migliorarsi attraverso lo studio continuo e i corsi di aggiornamento”, spiega Ciro, che è iscritto all’unica scuola di formazione per pizzaioli riconosciuta legalmente in Italia.

A Panama, invece, Ciro rimane solo due mesi, ma è incantato dalla gente e dalla natura “straordinaria” di quel posto. “Lì – racconta – ho avuto modo di cambiare completamente il mio modo di pensare”. Quando è arrivata la chiamata dal Vietnam, poi, la reazione dei parenti non è stata entusiasta: “Mi dicevano ‘salutami Rambo’ – sorride –. È simpatica la visione che noi italiani abbiamo del mondo”. Ciro accetta, senza pensarci troppo.

Mi sento di dire che chi si improvvisa esperto nel settore, ma non è così. Bisogna migliorarsi continuamente

Ma com’è vivere in una città di otto milioni di abitanti, dall’altra parte del mondo? “Il Vietnam è un Paese molto giovane (l’età media non supera i 30 anni) e in forte sviluppo, in cui molti stanno investendo”, spiega. “Nell’ultimo anno ho visto una crescita esponenziale della città, anche dal punto di vista urbanistico ”. La cosa che colpisce di più? “La classe media. Qui non c’è. Puoi trovare hotel di lusso vicini a baracche fatte di lamiera”. Anche il costo della vita “dipende dagli standard a cui sei abituato – spiega il giovane pizzaiolo –. In media per un appartamento a 20 minuti dal centro città puoi spendere 300-400 euro al mese. Se però vuoi mantenere il tenore di vita europeo i costi schizzano in alto: si deve partire da un minimo di duemila euro al mese”.

A Saigon c’è caldo tutto l’anno e un traffico infernale, ma il ritmo di lavoro è meno frenetico rispetto al nostro Paese. E, soprattutto, vanno tutti matti per il Made in Italy: “La pietanza più richiesta è proprio la pizza napoletana, cotta in forno a legna con prodotti importati direttamente dall’Italia”, spiega. “Piacciono molto anche formaggi e latticini”. Oggi Ciro svolge un lavoro più manageriale, una sorta di via di mezzo tra la figura del pizzaiolo e quella di manager: “Ho dei ragazzi a cui insegno a mantenere gli standard elevati di preparazione del prodotto, e allo stesso tempo posso relazionarmi con maggior impegno con i clienti che arrivano al locale: una sorta di attività di pr”. La retribuzione? “È aumentata, inutile negarlo – sorride –. Ma dico di più: l’esperienza e la conoscenza valgono più di qualsiasi moneta. Sono andato a Panama per 500 dollari al mese”.

La pietanza più richiesta è proprio la pizza napoletana, cotta in forno a legna con prodotti importati direttamente dall’Italia

Ciro lavora insieme ad altri due capi chef, entrambi italiani. Sogna di tornare, un giorno, “ma al momento non ci sono le condizioni”, spiega. “Stiamo diventando noi il terzo mondo. Ogni volta che torno in Italia mi rendo conto che non è cambiato nulla”. Dall’estero la sensazione è più forte, e più che arrabbiato Ciro è deluso: “Fa tristezza vedere i nostri marchi comprati dagli stranieri. Eravamo uno dei Paesi più belli al mondo”.

Articolo Precedente

“In Estonia inseguo il mio sogno da regista. E tra incentivi e borse di studio riesco a mantenermi”

next
Articolo Successivo

Ministro Giannini esulta: 30 ricercatori italiani premiati in Europa. Ma 17 sono cervelli in fuga

next