“In Quaresima noi sacerdoti abiteremo in una tenda allestita sul sagrato della chiesa di Ambivere. Un po’ di cibo. Acqua da bere. Un bagno per lavarci. Un materasso per dormire. E’ più di quanto molti essere umani possono permettersi”. Inizia così la lettera-denuncia che don Gianluca De Ciantis, don Andrea Testa, don Alessandro Nava e don Emanuele Personeni hanno scritto per spiegare ai loro parrocchiani e non solo, la scelta di vivere questi quaranta giorni sulla strada.

I quattro preti della diocesi di Bergamo hanno deciso di non tacere di fronte ai numeri che testimoniano una scarsa accoglienza dei richiedenti asilo: “I poveri – scrivono i sacerdoti nella missiva – speravano che l’Europa fosse un luogo dove l’umanità venisse prima della cittadinanza, prima del benessere, prima delle differenze religiose, prima di ogni altra cosa. Si sbagliavano. Il pensiero diffuso è che la loro situazione non dipenda da noi che abbiamo già i nostri grattacapi. Al pari dei singoli Paesi europei, anche i diversi settori dell’amministrazione statale scaricano sugli altri la responsabilità adducendo confusione normativa, paventando rischi di terrorismo e brandendo contro i poveri le croniche insufficienze dell’assistenza ai cittadini italiani”.

Parole dure anche contro la propria diocesi: “Si usano i poveri di casa nostra contro i poveri alla nostra porta. A cominciare dalle Regioni fino ad arrivare a moltissime amministrazioni comunali la risposta è sempre la stessa: per loro non c’è posto. Le parrocchie e i cristiani bergamaschi non si stanno comportando meglio. Ci pensi la Caritas, dicono. Neppure l’invito dell’amatissimo Papa Francesco riesce a scuoterli. Noi sacerdoti non possiamo rovesciare le sorti dei poveri. Però possiamo stare dalla loro parte”.

Una denuncia che va alla pari con i numeri. Da un mese la Caritas nazionale ha lanciato l’iniziativa “Rifugiato a casa mia” ma su 26mila parrocchie in Italia solo 181 hanno aderito mettendo a disposizione 1060 posti: “Il progetto prevede – spiegano i vertici della Caritas – l’accoglienza di singoli o di nuclei familiari per sei mesi, attivando in famiglie, comunità e territori tutto quanto può fare integrazione”.

A dar ragione ai sacerdoti bergamaschi sembrano essere proprio i dati: secondo la Commissione nazionale asilo, lo scorso anno 79.000 persone lo hanno richiesto in Italia. Di questi 23.000 sono stati accolti nelle diocesi italiane: uno su quattro dei richiedenti asilo ha trovato casa in una struttura ecclesiale, arrivando addirittura a uno su due in regioni come la Lombardia e la Basilicata o uno su tre in Piemonte. Solo a Roma città (334 parrocchie) sono accolti circa 170 migranti, neanche uno per campanile. A Milano (1.000 parrocchie) sono a disposizione 400 posti letto e nell’arcidiocesi bolognese si arriva a circa 30 posti letto.

I buoni esempi non mancano: don Enrico D’Ambrosio a Cenate (Bergamo) a dicembre scorso ha aperto le porte della sua canonica per accogliere cinque giovani africani così come in Toscana la cooperativa fondata da don Armando Zappolini si prepara ad accogliere i nuovi profughi in arrivo a primavera. L’invito dei quattro sacerdoti bergamaschi è a fare di più: “Stiamo in una tenda per dire che non siamo disposti ad accettare un sistema che procura benessere a noi provocando sofferenza a qualcun altro. Si tratta di un segno temporaneo, fino a Pasqua. Poi si vedrà”.

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