“In passato abbiamo fermato le persone alle porte dell’Europa, a Edirne abbiamo fermato i loro autobus. Può succedere una o due volte. Ma un giorno apriremo le porte e gli augureremo buon viaggio”. Con queste parole il presidente turco Recep Tayyip Erdogan minacciò l’Europa durante le trattative per l’accordo sui migranti, concluso a fine novembre tra Ankara e Bruxelles. La conferma di quelli che finora erano solo indiscrezioni di stampa e rumors da delegazioni diplomatiche arriva dal diretto interessato. Un “ricatto” per ottenere più soldi per gestire i rifugiati che Erdogan definisce “non una fonte di vergogna ma una prova di assoluzione” perché “abbiamo difeso i diritti del nostro Paese e dei siriani”. Ma non solo, il presidente turco sottolinea come quelle frasi siano state ripetute più volte nel corso dei diversi incontri con l’Ue: “Abbiamo detto queste cose in ogni occasione, non solo quella volta”.

“Possiamo aprire le porte verso la Grecia e la Bulgaria in qualsiasi momento e mettere i rifugiati sugli autobus”, aveva detto durante un colloquio con i presidenti della Commissione Ue, Jean-Claude Juncker, e del Consiglio Europeo, Donald Tusk, pochi giorni dopo il G20 di Antalya. La conversazione era stata riportata lunedì scorso dal portale greco ‘euro2day‘ e ancora una volta a dare conferma dell’autenticità di quelle dichiarazioni è lo stesso Erdogan. Una minaccia per ottenere il doppio dei soldi offerti da Bruxelles: 3 miliardi di euro all’anno per due anni invece di 3 miliardi per un biennio. Un braccio di ferro su cui, alla fine, il presidente turco non è comunque riuscito ad avere la meglio. “Come gestirete i rifugiati se non ci sarà un accordo? Li ucciderete?”, aveva aggiunto provocatoriamente rivolgendosi a Juncker, secondo il testo del verbale.

Nel colloquio, il leader turco si lamentava inoltre del contenuto del rapporto annuale dell’Ue sui progressi di Ankara, definendolo “un insulto” non rispondente alla “vera Turchia”. Alle lamentele lo stesso Juncker aveva risposto sottolineando come la sua pubblicazione fosse stata rinviata da ottobre a dopo il voto anticipato del primo novembre in Turchia per non influenzarlo, proprio su richiesta di Ankara. Circostanza che per ora Bruxelles nega. Sempre stando al verbale pubblicato, il capo della Commissione Ue gli aveva comunque promesso che un accordo sarebbe stato raggiunto entro 15 giorni: “Stiamo lavorando duro e a Bruxelles l’abbiamo trattata come un principe”. Parole a cui Erdogan replicava così: “Come un principe? Certo. Non rappresento un Paese del terzo mondo”.

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