Polizze mantello“, conti segretati, intestazioni fittizie e una specie di manuale di evasione, con tanto di divieto ai dipendenti di portare con sè biglietti da visita e pc o telefoni aziendali ma anche di “dormire più di tre notti nello stesso hotel”. Con un unico obiettivo: complicare la vita alla Guardia di finanza e al fisco italiano e dare una mano ai clienti che chiedevano di occultare denaro oltre i confini nazionali per non pagare le tasse. Era la strategia del gruppo elvetico Credit Suisse finita nel mirino della procura di Milano che, come racconta L’Espresso nel numero in edicola il 12 febbraio, è ora pronta a chiudere l’inchiesta aperta nel 2014 contestando all’istituto l’accusa di aver gestito un’evasione sistematica, per importi colossali, garantendo ai clienti assoluto anonimatoLa perquisizione autorizzata a dicembre 2014 dal procuratore aggiunto Francesco Greco ha infatti permesso di identificare oltre 13mila clienti italiani che attraverso controllate della banca svizzera hanno trasferito all’estero oltre 14 miliardi, stando a quanto scrive il settimanale. In alcuni casi si tratta di oltre 600 milioni per un singolo cliente.

E proprio durante il blitz nella sede milanese dell’istituto le Fiamme Gialle hanno trovato una specie di manuale aziendale con istruzioni dettagliate su come aggirare le indagini. Il vademecum, che secondo gli inquirenti veniva usato per addestrare i funzionari attivi in Italia, è incentrato su una regola base: i dipendenti non dovevano mai avere addosso documenti con l’intestazione della banca, neppure lettere, figuriamoci i biglietti da visita. Vietato portare cellulare e computer aziendale. Ma soprattutto, “se fermato dalle autorità” il funzionario veniva istruito a non dire per chi lavorava e, dopo il controllo, a non chiamare direttamente la banca ma “un familiare“. Probabilmente per evitare eventuali intercettazioni. Così come il consiglio di “non restare per più di tre giorni nello stesso hotel” è mirato a evitare pedinamenti. Non basta: meglio avere anche un alibi. “Prepararsi uno scopo per giustificare il viaggio in Italia, per esempio turismo, shopping, visita a un amico”, si legge nel “manuale”.

Ma qual era il meccanismo con cui la banca aiutava i clienti a nascondere al fisco parte dei loro redditi? L’Espresso racconta che alcuni hanno aderito allo scudo fiscale del 2009-2010 ma senza riportare in Italia i soldi, altri hanno depositato denaro in conti segretati o mascherati grazie a intestazioni fittizie, altri ancora – stando alle accuse 4mila sui 13mila nomi della lista consegnata dalla Gdf ai magistrati – hanno sottoscritto una polizza assicurativa fittizia con l’obiettivo di trasferire all’estero capitali non dichiarati. In pratica società estere del gruppo Credit Suisse, con sedi in Liechtenstein e alle Bermuda, vendevano loro finte assicurazioni sulla vita, ma i premi venivano depositati su conti correnti intestati formalmente alla banca ma dai quali il titolare della polizza poteva liberamente prelevare i soldi. Un “mantello legale”, ritengono gli inquirenti, che consentiva di mantenere l’anonimato e evitare pure la “euro-ritenuta” sul risparmio transfrontaliero. Tutto è stato scoperto grazie al sequestro di documenti e alla decifrazione di mail criptate che parlavano testualmente di “lettere di interposizione fittizia”, una pratica che viola la normativa antiriciclaggio

Il gruppo Credit Suisse, che è informato dell’indagine milanese da più di un anno, non ha ammesso alcun addebito. L’istituto, che ha chiuso il 2015 con una perdita da 2,6 miliardi di euro, in questi giorni è nel mirino dei mercati: le azioni sono crollate ai minimi dall’ottobre 1989 e i credit default swap, i derivati che assicurano dal rischio default, sono decollati superando i 163 punti base da meno di 100 pochi giorni fa.

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