Numeri mostruosi per le prime due serate, tocca alle cover e alle altre due semifinali delle nuove proposte. E sono proprio i giovani ad inaugurare la serata, con la prima sfida diretta tra Miele e Francesco Gabbani. Differenza mostruosa di atteggiamento: la prima è crepuscolare, forse troppo concentrata e perde in spontaneità; Gabbani è una forza della natura, allegro e talentuoso. Passa Miele, ma c’è un problema tecnico in Sala Stampa. I giornalisti (a occhio in maggioranza a favore di Gabbani) non sono riusciti a votare. Proteste prolungate, verifiche ancora in corso.

Seconda sfida tra Michael Leonardi, nuovo talento targato Caselli, e Mahmood, meteora a X Factor ma dotato di un timbro particolare e portatore sano di una musica che dalle nostre parti non è gettonata e che nel resto del mondo spacca. Passa Mahmood, a sorpresa. Ma sorpresa vera, fidatevi.

Momento Raffaele, ormai più attesa di canzoni e superospiti. Stasera va a scomodare nientemeno che Donatella Versace. “Parodizzare” la Versace è impresa difficilissima, ma intanto la somiglianza fisica è spaventosa. Solite risate da star male. Chissà se Donatella la prenderà bene come Ferilli e Fracci… Qualche dubbio ce l’abbiamo. Si torna alla gara con l’ultima cover del primo gruppo: Giovanni Caccamo e Deborah Iurato cantano Amore senza fine di Pino Daniele. Bene, molto meglio dell’esordio di martedì. Iurato più sciolta e rilassata.

Dopo la fine delle esibizioni del primo gruppo, approfittando della pausa pubblicitaria, i giornalisti in Sala Stampa hanno potuto rivotare (visti i problemi tecnici della prima sfida) per scegliere chi mandare avanti tra Miele e Francesco Gabbani. Intanto arrivano i risultati del primo gruppo di cover: vince (meritatatamente) una Noemi finalmente in forma.

Patty Pravo coverizza se stessa con Fred de Palma. Tutt’al più è una splendida canzone, Patty la interpreta più che bene. È parte della sua e della nostra storia. Fa piacere ritrovarla in forma smagliante. Momento bimbominkia: Alessio Bernabei accompagnato da Benji e Fede cantano A mano a mano di Cocciante (con tanto di nastri rainbow). Se la cavano meglio di quanto ci aspettassimo. Dolcenera (anche lei, come Noemi, a rischio eliminazione contro ogni logica) canta Amore Disperato di Nada. Lei ci mette la solita grinta, ma l’arrangiamento non convince affatto. Torna la Raffaele, si torna a ridere come matti. Poi tocca a Clementino, che canta Don Raffaè di De Andrè. Alle prova ha incantato, in diretta ancora di più. E vince il suo gruppo, con ovazione in Sala Stampa.

I giovani o meno giovani protagonisti di questo Sanremo scaldano poco il cuore, forse, e allora tocca agli anziani e gagliardissimi Pooh infiammare Ariston e Sala Stampa. Un sing along sulle note dei loro più grandi successi che regala il primo vero momento di gioia pura di questo Festival.

Dopo il momento Pooh (con Riccardo Fogli in lacrime), Carlo Conti spiega l’intoppo tecnico della prima sfida tra i giovani: risultato capovolto, vittoria di Francesco Gabbani col 50,8%, altra ovazione in Sala Stampa (che stasera è particolarmente viva).

Elio e le Storie Tese osano tantissimo, proponendo addirittura una cover in italiano della Quinta di Beethoven, nella versione di Murphy. Il testo è la loro solita genialata. Da trent’anni prendono per il culo per tutti e, nel frattempo, fanno arte vera. Gruppone, il terzo, con una versione di Cuore di Rita Pavone cantata da Arisa che lascia il segno. Piccola parentesi: come ormai consuetudine, i cantanti in gara sono molto più bravi quando cantano le cover, molto meno quando si esibiscono nei loro pezzi inediti.

Altra sveglia per l’Ariston, con Rocco Hunt che chiede al pubblico imbalsamato dell’Ariston di alzarsi. Ce la fanno tutti, anche i molti con l’anca in titanio. A chiudere il fortissimo gruppo 3, Francesca Michielin con Il mio canto libero. Cantare Battisti dovrebbe essere vietato dalla Costituzione, ma in questo Festival l’ex vincitrice di X Factor sembra in stato di grazia. Vince Rocco Hunt. Il ragazzo è genuino, fresco e coinvolge il pubblico. Teniamolo d’occhio in vista della finale di sabato.

Quarto gruppo, ancora musica napoletana: Neffa canta ‘O Sarracino di Renato Carosone. Di nuovo Battisti, con Scanu che canta Io vivrò (senza te). A differenza della Michielin, però, il risultato è da dimenticare. E anche in fretta, possibilmente. Irene Fornaciari si cimenta con Gianni Morandi e la sua “Se perdo anche te”. Esibizione trascurabilissima, ma accanirsi sulla figlia di cotanto padre è ormai sport nazionale e dunque evitiamo. Morgan e i suoi Bluvertigo scelgono La Lontananza di Domenico Modugno: arrangiamento meraviglioso, ma la voce di Morgan non c’è. Purtroppo. E ci manca da morire. Vince Scanu. Amarezza (e qualche protesta in Sala Stampa).

Quinto e ultimo gruppo. Parte Lorenzo Fragola che si misura con La donna cannone di Francesco De Gregori. È andata male, ma assai. Tocca a Enrico Ruggeri con ‘A Canzuncella degli Alunni del Sole, già incisa in passato dal cantautore milanese. Ha tanto di quel mestiere che sbrana il palco a bocconi enormi. Annalisa si cimenta in America di Gianna Nannini. La cantante ligure è brava come sempre, il pezzo è bello assai, l’arrangiamento convince molto meno. Si chiude in bellezza con gli Stadio che cantano La sera dei Miracoli di Lucio Dalla. Una interpretazione intensa di Gaetano Curreri regala l’ultima enorme emozione della serata. E alla fine del brano arriva anche la voce originale di Dalla. Vincono gli Stadio, ma sarebbe stato assurdo il contrario.

Finiti i gruppi, i cinque vincitori si sfidano per conquistare la serata cover: Noemi, Clementino, Rocco Hunt, Valerio Scanu e gli Stadio. Nel frattempo spazio a Hozier con Take me to church (il cui video è una toccante rappresentazione dell’omofobia in Russia). Nella conferenza stampa della vigilia, il cantante irlandese era andato a ruota libera su diritti LGBT, Chiesa, rifugiati e sulla chitarra, in bella mostra, un adesivo arcobaleno. Classifica finale: quinto Rocco Hunt, quarta Noemi, terzo Clementino, secondo Valerio Scanu e primi gli Stadio. Non poteva che andare così.

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