La vita è proprio strana. C’è chi negli ultimi giorni non ha dormito né mangiato, preoccupato di cosa avrebbe detto Elton John sul palco dell’Ariston. Poi lui arriva, canta da Dio, parla di solidarietà e ti piazza lì anche un “approccio cristiano”.

Da chi non te lo aspetti, invece, arriva botta: Arisa, Noemi, Enrico Ruggeri, il batterista dei Bluvertigo e Irene Fornaciari portano sul palco nastri rainbow a sostegno del progetto di legge Cirinnà. E anche la Pausini, seppure senza segni visibili, ha piazzato due o tre frasi mirate abbastanza eloquenti.

Ma la prima serata del Sanremo bis di Carlo Conti è stata anche altro. Non molto altro, in realtà, ma questo passa il convento. Il conduttore è il solito treno a velocità costante, che va dritto per la sua strada e arriva a destinazione in scioltezza. Ma se pretendete picchi, rassegnatevi all’evidenza: con Conti non si sono curve, né in alto né in basso.

L’inizio è un lungo riepilogo delle canzoni vincitrici delle 65 edizioni precedenti: si parte da Nilla Pizzi e si arriva a Il Volo, a riprova che è tutto un cerchio e che dopo tutti questi anni siamo tornati al punto di partenza.

I tre co-conduttori Virginia Raffaele, Madalina Ghenea e Gabriel Garko arrivano uno alla volta, in momenti separati. La Raffaele veste i panni (che manterrà per tutta la serata) di una irresistibile Sabrina Ferilli: “Si lamentano perché la presenza di Elton John sarebbe uno spot al matrimonio gay. E quando arrivano i Pooh allora che è, ‘na marchetta all’INPS?”. Game, set, match.

Madalina Ghenea è bella assai, ma questo lo sapevamo già. Quello che non immaginavamo, invece, è che è anche spigliata, non sta con lo sguardo fisso sul gobbo, capisce quello che sta dicendo, che dovrebbe essere quantomeno il minimo sindacale, se vuoi presentare il Festival.

L’impresa, evidentemente più ardua di quanto si possa pensare, non è riuscita granché a Gabriel Garko. Impacciato, monocorde, quello che Carlo Conti, in uno slancio di eccessiva generosità, ha presentato come “un grande attore” ha steccato decisamente la prima. Era teso, nervoso, emozionato. O forse era solo Gabriel Garko.

La Raffaele, come da facile pronostico, ha vinto la sfida dei conduttori per distacco e nel Sanremo renziano che più renziano non si può, riesce anche a citare il premier e il ministro Boschi.

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Forse stiamo dimenticando qualcosa? Ah, la gara, il sottofondo musicale che fa da contorno al carrozzone. Primi dieci big in gara e primi verdetti (seppur provvisori): i quattro a rischio eliminazione sono Irene Fornaciari (accanimento terapeutico e spiace assai perché la ragazza è simpatica), Dear Jack (il pezzo è debole e loro hanno perso il frontman acchiappa-teenager), Bluvertigo (bella canzone, velo pietoso sulla voce di Morgan) e Noemi. Ecco, questa è la vera sorpresa di questo esordio sanremese. Noemi ha una bella canzone scritta da Marco Masini che meriterebbe di stare decisamente più in alto. La sua esibizione, in realtà, non è stata il massimo ma il brano c’è e recupererà terreno nei prossimi giorni. I sei che per il momento sarebbero salvi, invece, sono Giovanni Caccamo & Deborah Iurato, Stadio, Enrico Ruggeri, Lorenzo Fragola, Arisa e Rocco Hunt.

Altro momento clou della serata (esibizione di Elton John a parte, perché parliamo di livelli inarrivabili) è stata la celebrazione di Laura Pausini che, a 23 anni da La Solitudine, torna all’Ariston con un medley di grandi successi (che ha fatto partire l’inevitabile coretto in Sala Stampa) e un brano dell’ultimo album. La Pausini è sembrata sinceramente felice di stare al Festival e forse anche di restituire qualcosa a un evento che l’ha creata dal nulla e l’ha lanciata letteralmente ai quattro angoli del pianeta. Certo, magari il duetto tra la Pausini di oggi e la Pausini del 1993 l’avremmo evitato, non fosse altro perché è tutta roba che Paolo Limiti ha fatto con Manuela Villa e il defunto padre almeno 15 anni fa.

Sul fronte comici, ieri toccava a Aldo, Giovanni e Giacomo, anche loro in vena di celebrazioni (25 anni di carriera) e con la scusa dell’amarcord ci hanno rifilato uno sketch visto e rivisto mille volte che a stento faceva ridere all’epoca.

Fin qui la prima serata di un Festival che nemmeno la rovente polemica sulle unioni gay è riuscito a scaldare più di tanto. Ma quando c’è Carlo Conti, si sa, tutto si mantiene su un confortevole e rassicurante tiepido.

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