Il pc è rispuntato fuori, il cellulare ancora no. Come accaduto fin dalle prime ore seguite al ritrovamento del corpo, i pezzi che compongono il puzzle della morte di Giulio Regeni vengono fuori lentamente, alla spicciolata, ma la verità rimane ancora lontana. Dopo un primo momento in cui si era diffusa la notizia che il computer portatile del ricercatore trovato cadavere sulla strada che dal Cairo porta ad Alessandria era scomparso, fonti della Procura di Roma hanno reso noto che il laptop è stato trovato dalla famiglia del giovane in Egitto e consegnato agli inquirenti italiani. Non è stato ancora rinvenuto invece il telefonino del ricercatore, che lo aveva spento 45 minuti dopo aver effettuato l’ultima chiamata. “L’ultima persona con cui c’è stata una chiamata è un suo amico italiano, Gennaro Gervasio“, ha riferito Ahmed Nagy, capo della Procura di Giza, incaricata dell’indagine.

“Il 25 gennaio (giorno della scomparsa, ndr) Regeni era atteso a cena da alcuni amici in un ristorante della capitale, ma non è mai arrivato all’appuntamento”, ha spiegato il sottosegretario agli Esteri Benedetto Della Vedova in un’interrogazione alla Camera. Della Vedova ha confermato anche che Gervasio, docente e amico che aspettava il ragazzo per cena, “ha riferito all’ambasciata di avere ripetutamente provato a chiamare Giulio tra le 20:18 e le 20:23, senza ottenere risposta; a partire dalle 20:25, invece, il cellulare del ragazzo risulta spento”. “Gervasio gli aveva infatti parlato telefonicamente verso le 19:40”, ha aggiunto il sottosegretario.

Secondo il quotidiano egiziano Al Masry Al Youm, il segnale del cellulare sarebbe stato rilevato per l’ultima volta nella zona in cui abitava, il quartiere Al Dokki. “La procura – scrive – ha ricevuto la documentazione di un’azienda di telecomunicazioni secondo la quale il cellulare di Giulio è rimasto nel perimetro del quartiere di Al Dokki”. La procura sta quindi indagando per verificare se il ricercatore sia stato rapito in quella zona. Secondo il sito, questa informazione troverebbe conferma in quanto dichiarato da Gervasio, “il quale ha confermato alla procura che Giulio è scomparso circa 25 minuti dopo aver lasciato la sua abitazione”.

Gli investigatori, sia in Italia, sia in Egitto dove è al lavoro il team interforze composto da sei elementi, tre carabinieri del Ros e tre poliziotti dello Sco, continuano a sentire chi conosceva il giovane. Nei prossimi giorni verranno ascoltati anche amici, accademici e ricercatori che arriveranno dal Cairo in Italia per i funerali di venerdì nel Comune di Fiumicello, vicino a Udine. L’attenzione di chi indaga si concentra soprattutto su una serie di incontri a cui Regeni aveva preso parte durante la sua permanenza in Egitto, compresa una riunione nel mese di dicembre, al Centro servizi per i lavoratori e i sindacati del Cairo, con esponenti del sindacato indipendente. Non si esclude che all’incontro, al quale partecipò un centinaio di persone, potesse esserci qualche infiltrato che potrebbe aver notato la presenza di Giulio.

Le autorità del Cairo continuano a difendere l’operato della polizia, negandone ogni ruolo nella vicenda. Il ministro egiziano degli Esteri, Sameh Shoukry, ha discusso del caso in un’intervista a Foreign Policy, accusando i media di “saltare a conclusioni e speculazioni senza alcuna informazione o conferma ufficiale di ciò a cui si allude”. Il ministro, in visita a Washington, Shoukry ha quindi definito “assolutamente fuorviante” quanto si afferma sui media italiani in merito a un ruolo degli apparati di sicurezza del suo paese nelle torture e nell’uccisione di Regeni.

Il governo del Cairo, intanto, continua a dirsi sicuro che quanto accaduto non avrà ripercussioni sui rapporti tra i due Paesi. “Le nostre relazioni economiche non sono in nessun modo in pericolo. Ci sono molti interessi in ballo e la vicenda del giovane Giulio Regeni non comprometterà i nostri rapporti”, ha affermato l’ambasciatore di Egitto in Italia, Amr Helmy. “L’Italia – ha ricordato – resta il nostro terzo partner commerciale”. E anche sul piano politico, garantisce, l’intesa tra Roma e Il Cairo è forte. “In Libia comunque la nostra volontà di cooperare rimane salda”, ha concluso.

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