Coloro che credono al fato che ha già deciso lo avevano capito poco dopo l’halftime show: Graham Gano ha l’opportunità per un calcio tutt’altro che impossibile dalle 44 yards, va sul palo e Carolina perde la partita. I favoriti Panthers hanno iniziato male e non abbastanza bene hanno proseguito. E così il Super Bowl 50, le nozze d’oro dell’evento più magniloquente del pianeta sport, ha presto deviato verso le montagne del Colorado.

Non è stato un bel match, quello aperto lungo la baia di San Francisco da un apprezzato inno nazionale eseguito da Lady Gaga.

Ha deluso l’attesissimo quarterback dei Panthers Cam Newton. Non ha brillato nemmeno il rivale Peyton Manning, 39 enne regista dei Broncos, che pur ha un posto nella storia. Hanno vinto le difese, la difesa di Denver. Così è stato sin dal primo kick. Pronti via e arrivano prima un calcio tra i pali e poi il touchdown, figlio di una recuperata da un fumble, una palla persa dalle mani da Newton e trasformata in 6 punti da Malik Jackson. È la prima volta che una situazione di questo tipo porta punti in un Super Bowl da 22 anni a questa parte. E così, sul 10 a 0, sono trascorsi i primi 15 minuti.

Nella seconda frazione ecco i primi segnali di ripresa dei Panthers. Cam Newton inizia a correre e, almeno a intermittenza, dà idea di potersi accendere. Olsen, che fino a qui aveva trascinato i suoi, invece è fuori dalla partita. Il Touchdown di Carolina arriva grazie a un dono ai fotografi di Jonathan Stewart, che plana sopra un mucchio di persone e deposita. 10-7, mica era finita. Peyton Manning, la star impegnata nell’ultimo ballo di una carriera da autobiografie milionarie, praticamente non pervenuto. Talib accumula penalità. In compenso Jordan Norwood parte da lontanissimo e si mangia 61 yards. Viene fermato a un nulla dal touchdown, ma è un nuovo record che se ne va: è il più lungo punt return, la corsa dopo aver recuperato al volo la palla, della storia del Super Bowl. Il calcio di McManus vale il 13 a 7. Carolina cerca di ritornare, ma le imprese difensive di Demarcus Ware non permettono l’avvicinamento alla end zone.

Si va alla pausa lunga con una sensazione di irrisolto. Il Super Bowl non si accende, ma rimane vivo. Per vedere i fuochi d’artificio bisogna attendere fine primo tempo. Per venti minuti, nell’improbabile coreografia da figli dei fiori che colora la Levi’s Arena di Santa Clara, si alternano e uniscono Coldplay, Beyonce e Bruno Mars. Scorrono le immagini dei precedenti show di halftime: le esibizioni di Springsteen, Michael Jackson, degli U2 e dei Rolling Stones. Si riparte e Carolina ancora una volta tenta di infilare qualche buon down. Ma Gano va sul palo, con il primo calcio sbagliato dal Super Bowl XLV. Passano solo istanti e McManus si ripete: 16 a 7 e Cam Newton, oscurato in ogni linea di passaggio, è sempre più depresso. 

Non è la partita che i media avevano descritto negli scorsi giorni, i due quarterback sono pressoché fuori dalla sfida. A emergere è allora Von Miller, outside linebacker dei Broncos, assieme al solito Ware. Ultimo giro e non è ancora una faccenda chiusa. Dalle 39 yards Gano non bissa l’insuccesso e Carolina torna a un touchdown di distanza. Trascorrono i drive e non arriva la giocata. Miller, giustamente nominato Mvp, si ripete con una strepitosa mossa difensiva su Newton e Anderson va fino in fondo. Poi Manning, che non accenna a dismettere la sua sola e consueta espressione facciale, si prende la scena per un attimo con un passaggio che Bennie Fowler converte nei punti del 24 a 10.

Non cambia nulla negli ultimi tre minuti, quello è il risultato finale. I Broncos sono campioni per le terza volta, Carolina e il suo quarterback devono maturare ancora. Si conclude con Peyton Manning che alza il suo secondo Vince Lombardi Trophy e diviene non solo il più vecchio quarterback a giocare un Super Bowl, ma bensì a vincerlo. A 39 anni, con il secondo titolo in carriera, uno dei più forti di sempre si può ritirare soddisfatto, certo della leggenda. “Ora vado a bere parecchia Budweiser” è il testamento che verga a fine match. Per la gioia della birra più americana che c’è e di tutti i brand che hanno trovato la loro vetrina in una finale da record. Un evento visto da milioni di persone nel mondo, capace di generare tra pubblicità e diritti tv un giro d’affari di 620 milioni di dollari. Il momento sportivo più ricco di sempre, almeno fino al prossimo Super Bowl. 

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