I precari della scuola hanno diritto alla ricostruzione della carriera e ad essere equiparati ai loro colleghi a tempo indeterminato. La sentenza arriva dal tribunale di Tolmezzo ed è stata resa nota dallo studio legale Santi Delia che ha seguito il caso di un docente di terza fascia che dal 2008 ha lavorato per il ministero dell’Istruzione firmando 26 contratti di lavoro a tempo determinato tra cui anche un servizio in un ateneo.

“Si tratta di una svolta – spiega l’avvocato Santi Delia – questa sentenza dice che se hai fatto più di tre anni di servizio entro il 2011 hai diritto al risarcimento dal ministero. Finora la Corte di Giustizia Europea aveva fatto distinzione tra organico di diritto e di fatto mentre il tribunale di Tolmezzo afferma la parità. Oltre al risarcimento del danno viene data anche la ricostruzione di carriera: questo significa che il Miur deve riconoscere anche l’anzianità che si è maturata nel corso dei diversi contratti”.

Tradotto in moneta: circa 30 mila euro che andranno ad ogni precario che si presenterà davanti ad un tribunale. “Questa decisione del giudice di Tolmezzo – continua il legale – fa scuola. La prossima tappa è attendere a maggio la Corte Costituzionale che dovrà pronunciarsi ma nel frattempo questo principio derivante dal tribunale della provincia di Udine è importante per le altre migliaia di precari che hanno presentato ricorso”.

Il giudice Luongo, con 35 pagine, motiva la decisione in maniera accurata e boccia le giustificazioni del Miur che si è opposto al docente: “Il Ministero convenuto si è limitato a dedurre, in pratica, la novità di ogni singolo rapporto rispetto al precedente, la necessità di garantire la continuità del servizio scolastico, l’imprevedibilità delle esigenze sostitutive, introducendo così ragioni astrattamente ed eventualmente invocabili per sostenere la legittimità del ricorso da parte dell’amministrazione alle assunzioni a tempo determinato ma senza alcuna correlazione logica con la negazione della progressione retributiva in funzione dell’anzianità di servizio maturata; negazione, questa, che invece risponde unicamente ad una finalità di risparmio di spesa pubblica”.

Il tribunale, quindi, condanna il Miur a pagare al ricorrente oltre “il danno comunitario” per l’indebita reiterazione dei contratti a termini, anche le differenze retributive dovute in ragione del riconoscimento del diritto alla stessa progressione stipendiale spettante ai docenti di ruolo. Luongo ha dato così una risposta al possibile contrasto tra la Corte Europea e la normativa italiana sulle supplenze scolastiche che dall’altro canto – com’è scritto nella sentenza – “il giudice nazionale è comunque chiamato a valutare in concreto”. Si apre così una speranza per i precari che hanno presentato ricorso: dopo la sentenza della Corte di Giustizia europea dello scorso novembre 2014 con cui era stato censurato lo Stato italiano per l’abuso dei contratti a termine, tutti attendono la conferma di tale giudizio anche da parte della Corte Costituzionale italiana.

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