Scomparso nel giorno del suo sessantesimo compleanno nel 1963, il maestro del cinema nipponico Ozu Yasujirō ha scritto una delle pagine più importanti nel secondo dopoguerra asiatico fotografando storie incentrate sulla famiglia. Racconti dalla struttura lineare su temi saldamente realisti che hanno dipinto un chiaro affresco della società giapponese di quegli anni. Uno sguardo sposato alle geometrie intense e formali delle inquadrature fino alla contemplazione della natura silente, come in Tarda Primavera. Un padre vedovo cerca di convincere la figlia a prendere marito e vivere la sua vita, ma la devozione e la preoccupazione di lei per il genitore la legano al genitore. Così per l’uomo l’artificio sarà fingere di aver trovato una donna da sposare nella persona di un’amica coinvolta con lui nell’innocente inganno.

La cinematografia di Ozu si esprime con anti-ellissi che raccordano parti della storia non sintetizzando, dipanandone invece la percezione nell’ineluttabilità del tempo. “Sono cinematografie che partono entrambe dal dopoguerra, due società che dovevano rinascere e ripartire”. Ha suggerito raggiunto al telefono Thomas Bertacche, ceo di Tucker Film, accostando Ozu al Neorealismo italiano. La sua casa di produzione e distribuzione ha portato in Italia le copie restaurate dalla Shōchiku di altri cinque titoli firmati Ozu: Il gusto del Sakè, Tardo Autunno, Buon Giorno, Fiori d’Equinozio e il capolavoro celebrato dai cineasti di mezzo mondo Viaggio a Tokyo. “Le differenze con il nostro Neorealismo sono molte. Il nostro cinema aveva un’idea di rinascita rivolta a cambiamento e speranza. Invece i film di Ozu parlano di cambiamento della società giapponese, ma si resta osservatori senza parteggiare. Si cerca di capire quali cose si vanno a perdere, in un contesto molto più sociale. Credo che i film neorealisti siano molto più direttamente politici di quelli di Ozu”.

25.000 spettatori al cinema per i 6 film (300 proiezioni in 50 città) sono alcuni dati sulle proiezioni evento tenute nello scorso anno. Le visioni in live streaming su MyMovies e Repubblica.it sono state invece 4.500. Ma la trasversalità del progetto è culminata con l’uscita homevideo di un cofanetto Blu-Ray dei 6 film rimasterizzati in 4k dai negativi originali, insieme a una densa antologia cartacea sull’autore e i suoi attori feticcio. “C’è una certa attenzione verso il cinema del passato, ma non ancora sul Blu-Ray, formato non esploso come doveva. Il crowdfunding era un tentativo di coinvolgimento diretto del pubblico per il lancio di questo restauro partendo da una buona base. Ci siamo affidati alla piattaforma più famosa al mondo, la Kickstarter, e la risposta è stata molto più positiva di quanto potessimo immaginare”. Ha spiegato Bertacche. Dal portale i donatori sono stati infatti 294, per un totale di 19.180 euro raccolti con il crowdfunding dello scorso novembre.

“Abbiamo deciso di mostrare i film attraverso Repubblica.it, e questo da parte di qualche esercente non è stato accettato benissimo. Noi siamo convinti invece che siano due modi completamente diversi di guardare film, e che la visibilità data da un canale online come un grande quotidiano possa portarti qualcuno in più al cinema, più che portarlo via”. È stata la riflessione del ceo sulla trasversalità mediatica del progetto Ozu.

“L’Italia si sta muovendo verso il recupero dei film nelle migliori condizioni possibili. Ma tendenzialmente ci si muove poco verso Oriente”. Accennando anche a un baluardo del restauro cinematografico come la Cineteca di Bologna. Questo spazio libero del mercato a Est ha permesso d’intercettare nuove vie da percorrere, e per adesso la qualità ha premiato l’iniziativa. “Dai dati natalizi le vendite sono andate piuttosto bene anche grazie alla campagna del crowdfunding. In alcuni punti vendita il cofanetto è andato esaurito. Insomma, non diventeremo ricchi con questa operazione ma abbiamo trovato un pubblico per questo tipo di prodotto, soprattutto per quanto riguarda l’Asia. Ci sono talmente tanti registi che conosciamo ancora poco o dei quali non ci è arrivato quasi nulla”.

Che un nuovo vaso di Pandora si sia schiuso? Di certo è sempre rinfrancante sapere che le tecnologie digitali non siano soltanto basi per un entertainment votato alla megalomania visiva di blockbuster e pubblico, ma anche alla salvaguardia, al recupero e alla conoscenza di opere del passato.

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