Tra pochi anni potremmo avere automobili elettriche in grado di ricaricarsi in pochi secondi e con autonomia di chilometri, abitazioni totalmente indipendenti in grado di generare e conservare tutta l’energia necessaria. Questa rivoluzione, in grado di incidere profondamente sul quotidiano, nasce da una classe di nuovi materiali tra i quali i cristalli bidimensionali come il grafene, un foglio di spessore monoatomico con geometria esagonale composto di carbonio, isolato dalla grafite per la prima volta nel 2004.

In questa rivoluzione l’Italia deve decidere ora se essere spettattrice o protagonista.

Per passare all’azione occorrono un programma e investimenti di medio periodo, non finanziamenti a pioggia per incentivare operazioni speculative e non di sistema. Bisogna avere coraggio e puntare sulle persone (da attrarre da tutto il mondo, come in USA, UK, Germania e Sud Corea) e su centri con infrastrutture adeguate favorendo la collaborazione con le imprese innovatrici. Una scelta simile l’Italia l’ha già realizzata nella seconda metà ‘800 quando avviò la propria rivoluzione industriale grazie allo sviluppo dell’idroelettrico (il “carbone bianco”), ancora una delle nostre risorse strategiche.

Il problema e l’opportunità di energia si traducono in due filoni interconnessi: generazione e stoccaggio.

La generazione si basa oggi principalmente sul fotovoltaico a cristalli di silicio, la nuova generazione potrebbe sfruttare materiali flessibili, sottilissimi e biodegradabili come il grafene o addirittura pigmenti di origine vegetale ottenuti da melanzane e arance. Generazione è anche celle a combustibile che trasformano l’idrogeno in elettricità producendo acqua come scarto, una tecnologia dalle numerose applicazioni anche in ambito mobilità. Infine termoelettrico. Materiali bidimensionali come il tellururo di bismuto in forma di vernice che trasformano una differenza di calore in corrente elettrica.

La generazione necessita dello stoccaggio. Per esempio l’energia che produciamo con il fotovoltaico durante un giorno di sole deve essere utilizzabile quando avremo una giornata di pioggia. Le batterie devono diventare più efficienti e più durature superando le batterie al litio attuali. Sono molti i materiali in fase di studio che richiedono investimenti e infrastrutture. La Germania ha già preso da tempo decisioni strategiche nel settore identificando centri di riferimento come l’Istituto Helmholtz a ULM e il centro per le energie rinnovabili ZSW. Investimenti decennali che supportano l’industria tedesca delle batterie e che, manco a dirlo, vedono molti italiani in prima fila.

Un giorno forse in casa avremo vetrate curve che sono anche pannelli fotovoltaici con melanzane e grafene all’interno, capaci di produrre energia e idrogeno dall’acqua contenuta in un boiler, tutto completamente wireless. In ognuno di queste possibili tecnologie l’Italia ha il know-how per sintetizzare i materiali più opportuni. Sta a noi decidere se questi sistemi, quando il futuro sarà diventato presente, avranno il marchio Made in Italy.

di Matteo Ponzano

ASCOLTA IL PODCAST

Articolo Precedente

Digitalizzazione: Pa ancora ostaggio degli archivi di carta. Che ci costano 5 milioni di euro l’anno

next
Articolo Successivo

Google car, gli Usa danno il primo ok: l’intelligenza artificiale sarà considerata “conducente”

next