Ebook-250x300È notizia di questi giorni la chiusura della libreria Fanucci in piazza Madama di fronte al Senato. Lo ha annunciato lo stesso editore dal blog della casa editrice. Ma la moria di librerie in Italia, e non solo, è una costante: solo a Roma negli ultimi quattro anni hanno chiuso ben 50 librerie. E inoltre, siamo sicuri che questa strage sia da imputare sempre e solo agli e-book, come sostengono molti “puristi”?

Indubbiamente più che nei libri digitali l’origine di questa ennesima crisi si dovrebbe addebitare alla mancanza di abitudine alla lettura degli italiani, anche se gli ultimi dati fanno registrare per il 2015 un segno positivo. Un piccolo incremento dell’1,6% che ha consentito all’ufficio stampa dell’Aie-Associazione Italiana Editori di annunciare: “Libri: il 2015 è l’anno della svolta“.

Personalmente sono molto contenta di questo segnale positivo, ma temo che non sia sufficiente per poter affermare di essere a “una svolta”. La situazione dell’editoria italiana, come ho avuto modo di segnalare nei miei precedenti post, è gravata da ritardi e pesantezze strutturali che non le consentono di stare al passo con i tempi. E lo tsunami digitale ha semplicemente evidenziato una situazione che si trascina da decenni. I grandi gruppi – ad esempio Mondadori e Rcs – hanno imboccato la strada delle fusioni creando un Moloch che rischia di stritolare un mercato già dissestato.

I piccoli e medi editori arrancano e solo quelli più illuminati hanno capito che il digitale non è un nemico, al contrario, un alleato per conquistare nuove fette di mercato. E poi ci sono gli autori indie e Amazon che li accoglie e li aiuta a pubblicare i loro lavori senza passare per l’editoria tradizionale. E senza porre limiti: il libro si può pubblicare in formato digitale o cartaceo. E tutto quasi senza costi.

Come abbiamo visto molte opere auto-pubblicate rimangono nella top ten dei più venduti per settimane e mesi. Questo significa, a mio avviso, che molti editori hanno smesso di fare bene il loro lavoro: quello della ricerca di un’opera o di un autore che valgano la pena di essere pubblicati, e spesso anzi si limitano a dare voce alla starlette o al cantante di grido pensando di “fare cassetta”.

Come ho avuto modo di scrivere più volte, anche i responsabili delle pagine culturali di molti giornali preferiscono recensire libri pubblicati da editori “sicuri” piuttosto che cercare e scoprire nuovi talenti. Solo quando un romanzo auto-pubblicato ha un buon successo di vendita finisce sulle pagine di giornali blasonati. Insomma, a mio avviso, è tutto il sistema editoriale italiano ad essere malato, e quindi ad aver necessità di essere curato e incentivato dalle istituzioni culturali e pubbliche.

Ma siamo in Italia e l’editoria è solo uno dei tanti “sistemi malati”.

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