Sulla fibra il governo fa i conti senza l’oste. Così nella conferenza Stato-Regioni non si trova l’accordo che avrebbe dovuto dare il via al piano di investimenti pubblici per la banda ultralarga. Il motivo? Le Regioni chiedono garanzie sull’uso dei fondi di coesione non solo per la realizzazione degli investimenti in fibra, ma anche per tutte le altre infrastrutture necessarie al territorio. Le risorse complessive del fondo, pari a 54 miliardi nel periodo 2014-2020, sono infatti per legge assegnate all’80% alle regioni del sud e solo per il 20% a quelle del Nord. Tuttavia nella spartizione dei 2,2 miliardi Cipe (diventati poi 1,6 miliardi) destinati alla fibra, l’esecutivo non ha rispettato il parametro. Il governo di Matteo Renzi ha infatti deciso di distribuire i soldi per gli investimenti in fibra sulla base di tre fattori: investimenti privati effettuati nell’area, numero di unità abitative e investimenti già effettuati dalle Regioni.

La questione non è andata giù a diversi enti locali che hanno gridato allo scandalo parlando di un vero e proprio scippo di risorse che sono a garanzia della futura di competitività e di nuovi posti posti di lavoro. Il parametro proposto “non è stato concertato – ha tuonato il governatore valdostano, Augusto Rollandin – non tiene conto delle Regioni, come la Val D’Aosta, che hanno investito denari propri e che così vengono penalizzate. Noi abbiamo messo soldi nostri, non possiamo essere danneggiati perché siamo partiti prima”.

Situazione analoga anche in Puglia dove sono già spesi 95 milioni per portare la fibra a 148 comuni. Ma ne servono ancora 639 per coprire tutte le aree a 100 Mb entro il 2020. “Di questa somma non c’è traccia nella tabella di ripartizione del fondo Fsc presentata in Conferenza – ha dichiarato l’assessore allo Sviluppo economico della Regione Puglia, Loredana Capone, – Che fine ha fatto questo fabbisogno? Perché la Puglia come altre Regioni scompare dalla tabella?”, si chiede Capone che ha chiesto al governo di ritornare sui suoi passi.

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Infografica di Pierpaolo Balani

 

In ballo ci sono cifre importanti: tecnicamente sono i primi investimenti pubblici per la realizzazione della nuova infrastruttura in fibra che resterà di proprietà dello Stato sotto la gestione di Infratel. E sono, quindi, un tassello essenziale del piano di sviluppo promosso dal sottosegretario Antonello Giacomelli sulla base delle rilevazioni di fabbisogno locale identificate attraverso la consultazione pubblica effettuata da Infratel.

Ecco perché le Regioni sono così preoccupate dal criterio di spartizione delle risorse, che secondo la Puglia favorisce decisamente le regioni del Nord. Nella proposta di accordo quadro, stilata dalla Presidenza del Consiglio e all’approvazione della Conferenza Stato-Regioni, gli importi più consistenti vanno alla Lombardia (381 milioni) al Piemonte (193 milioni), all’Emilia Romagna (180 milioni) e alla Toscana (132 milioni). Al Sud vanno invece le briciole: 11 milioni alla Basilicata, 35 alla Calabria, 67 alla Campania, 41 alla Puglia e 76 alla Sicilia.

Di qui lo scontro nella Conferenza Stato-Regioni, che si è aggiornata a giovedì 11 febbraio per discutere nuovamente il piano del governo sulla fibra. “E’ emersa la necessità di ulteriori approfondimenti – ha ammesso l’assessore del Friuli Venezia Giulia Paolo Panontin – C’è una condivisione sostanziale sul testo, ma rimangono da definire alcune questioni in merito alla distribuzione delle risorse a livello nazionale”. Anche perché, come ha ricordato il presidente della Conferenza Stefano Bonaccini, gli investimenti in fibra sono la garanzia di futura competitività e nuovi posti di lavoro. Un tema politicamente strategico, soprattutto in tempi di crisi.

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