Ormai non passa giorno senza un botta e risposta tra Roma e Bruxelles con al centro la famigerata flessibilità. L’ultima giravolta è la richiesta di escludere dal calcolo del deficit i costi sostenuti dall’Italia per la crisi libica: la solita “clausola migranti”, ma definita in modo diverso per evocare un parallelo con i fondi concessi alla Turchia per gestire l’arrivo dei siriani. Il vero pomo della discordia è ben noto, ma è facile perderlo di vista tra le polemiche sulle “perversioni burocratiche” europee, i richiami a ipotetici “patti di umanità” contrapposti a quello di stabilità e le risposte piccate della Commissione Ue “offesa” dall’Italia. Per questo ilfattoquotidiano.it ha ricostruito la cronistoria della battaglia che contrappone Matteo Renzi all’esecutivo comunitario guidato da Jean Claude Juncker. Quasi cinque mesi di tira e molla da cui emergono anche i dietrofront e le contraddizioni del premier: basti dire che venerdì scorso a Berlino ha battuto i pugni sul tavolo chiedendo alla Ue di chiarire come verrà contabilizzato il contributo al fondo per Ankara, ma il 29 dicembre aveva rivelato che la risposta era già arrivata, come puntualizzato a stretto giro dal portavoce della Commissione.

Il conto della flessibilità – Prima di elencare testualmente tutte le prese di posizione del premier e della Ue è indispensabile fare il punto su qual è la posta in gioco. Il governo attende per il mese di maggio il verdetto dell’esecutivo comunitario sulla legge di Stabilità. In particolare ha bisogno che Bruxelles dia il via libera a un aumento del deficit dall’1,4% del Pil (il valore inizialmente concordato per il 2016) fino al 2,4%: una differenza che vale circa 16 miliardi, con cui il governo ha finanziato più di metà delle uscite della manovra per il 2016. In più, per Palazzo Chigi è indispensabile poter ottenere uno “sconto” anche per il 2017: in caso contrario quando verrà varata la prossima manovra occorrerà trovare 25 miliardi solo per disinnescare le solite clausole di salvaguardia (aumento dell’Iva e delle accise sulla benzina) e tagliare il deficit.
Per giustificare lo scostamento, il governo ha chiesto di poter sfruttare tre diverse clausole di flessibilità. Le prime due sono espressamente previste dalle linee guida varate a gennaio 2015 alla fine del semestre italiano di presidenza Ue: si tratta di quella che permette di tener fuori dal deficit i contributi al fondo istituito dal piano Juncker per promuovere gli investimenti e di quella riconosciuta agli Stati che fanno riforme strutturali (vedi il Jobs Act e la riforma della pubblica amministrazione). La prima vale lo 0,3% del prodotto interno, la seconda lo 0,5%, di cui lo 0,4 già accordato e uno 0,1 aggiuntivo ancora sub iudice. In aggiunta, Palazzo Chigi e il Tesoro rivendicano uno 0,2% aggiuntivo, pari a circa 3,3 miliardi, per far fronte all’emergenza migranti. Per la quale però l’Italia, come ricostruito a suo tempo da ilfattoquotidiano.it, di miliardi ne spende solo 1,1. Subodorando l’orientamento negativo su questo punto, lo scorso novembre Renzi ha aggiunto in corsa al treno delle richieste un nuovo vagone: il pacchetto culturasicurezza che comprende tra l’altro il bonus di 500 euro per i neodiciottenni. Il 3 febbraio il premier ha poi tirato fuori dal cappello un coniglio solo apparentemente diverso: i costi sostenuti “per la crisi in Libia”. Cioè sempre i soldi spesi per l’emergenza migranti, ma legati idealmente a uno scenario di guerra per far passare l’idea che devono essere valutati con gli stessi criteri applicati all’esodo siriano attraverso la Turchia. Secondo Repubblica e il Messaggero, però, i colpi di scena non sono finiti: il premier sarebbe disposto a rinunciare ai 3,3 miliardi “per i migranti” in cambio del rinnovo delle clausole per gli investimenti e le riforme anche nel 2017, anno pre-elettorale. Perché in caso contrario sarebbe molto difficile rispettare la promessa di tagliare l’Ires e l’Irpef.

La cronistoria 

18 settembre 2015 – L’Italia chiederà flessibilità per lo “0,2 di Pil” come margine “legato al fatto che la Ue nel suo complesso sta affrontando una emergenza di dimensione assai grande, quella dei migranti”, annuncia il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan presentando il Documento di economia e finanza.

24 settembre 2015 – Renzi lasciando il Consiglio europeo straordinario di Bruxelles sostiene che le spese per l’emergenza dell’immigrazione fanno parte degli “eventi eccezionali” per cui si deve applicare la flessibilità: “Ci sono tre tipi di clausole sulla flessibilità, due vengono dalla comunicazione della Commissione (…) La terza viene dalla clausola del ’97 e riguarda gli eventi eccezionali. Questo è un evento per il quale abbiamo fatto tre consigli di cui due straordinari: più evento eccezionale di questo…”.

5 ottobre 2015 – Il commissario agli affari economici Pierre Moscovici chiarisce che la Commissione sta ancora valutando se l’emergenza migranti possa essere considerata “dal punto di vista giuridico” una “circostanza eccezionale” che possa dare diritto a una maggiore flessibilità.

16 ottobre 2015 – Nel 2015 i costi stimati per fronteggiare l’emergenza migranti “sono di 3,3 miliardi di euro, di cui 3 miliardi di spesa corrente”, scrive il Tesoro nel
documento inviato alla Ue dopo il varo della Stabilità per chiedere flessibilità aggiuntiva sul deficit. Le spese, si legge nel documento, nel 2014 sono raddoppiate rispetto al periodo 2011-2013 e nel 2015 sono triplicate. Un’inchiesta del fattoquotidiano.it, che interpella i ministeri competenti, rivela però che le uscite effettive si fermano a 1,1 miliardi.

27 ottobre 2015 – La Commissione europea “applicherà la flessibilità” alle spese per i rifugiati perché “siamo di fronte ad una situazione di eccezionalità”. Ma la decisione, spiega Juncker, sarà presa “Paese per Paese” e a patto che si tratti di “sforzi straordinari”. La flessibilità “non potrà essere applicata” ai Paesi che “non riescono a dimostrare costi enormi” per la crisi dei migranti.

16 novembre 2015 – A tre giorni dagli attentati di Parigi il governo francese annuncia maggiori spese per le misure di sicurezza contro il terrorismo: “Il patto di sicurezza è più importante del patto di stabilità” di bilancio, rivendica il presidente Francois Hollande parlando al Parlamento in seduta comune a Versailles.

17 novembre 2015 – La Commissione europea dà un via libera con riserve alla legge di Stabilità italiana, definendola “a rischio di non conformità” col Patto di stabilità e rinviando a primavera l’esame definitivo sulla flessibilità richiesta. Per quanto riguarda la clausola migranti, chiesta anche da Austria, Belgio e Germania, la Commissione spiega che farà la sua valutazione finale “quando esaminerà ‘ex post’, la deviazione temporanea dagli obblighi per il 2015 e 2016″. 

18 novembre 2015 – “La Francia deve affrontare gravi atti di terrorismo e deve affrontare spese supplementari che non devono avere lo stesso trattamento delle altre spese” e il principio “vale anche per gli altri paesi”. Lo dice Juncker, annunciando di fatto la flessibilità per le spese legate alla lotta al terrorismo. 

24 novembre 2015 – Renzi annuncia il pacchetto sicurezza-cultura: un miliardo di investimenti per le forze dell’ordine (a cui viene esteso solo per il 2016 il bonus di 80 euro) e i loro equipaggiamenti, le periferie e la cybersecurity, altrettanto per “promuovere l’identità culturale” dell’Italia (borse di studio, bonus ai neodiciottenni da spendere per teatri, musei, mostre e acquisto di libri, contributo agli studenti dei conservatori per l’acquisto di uno strumento nuovo). Il premier spiega che la copertura è legata al riconoscimento della clausola migranti da parte di Bruxelles e andrà a scapito dell’anticipo al 2016 del taglio dell’Ires per le aziende.

27 novembre 2015 – Jeroen Dijsselbloem, presidente dell’Eurogruppo, in un’intervista al Sole 24 Ore attacca: “Flessibilità per investimenti, flessibilità per i rifugiati, flessibilità per le riforme, che si aggiungono l’una all’altra: credo che l’Italia sia l’unico paese che sta chiedendo tutte le forme possibili di flessibilità”, e che “dovrebbe essere usata come una eccezione, non come una regola. Per ragioni di credibilità“.

18 dicembre 2015 – A Bruxelles, durante il Consiglio europeo, Renzi attacca Angela Merkel che si oppone alla nascita del Fondo unico di garanzia sui depositi bancari. Nessuna dichiarazione ufficiale, ma secondo indiscrezioni il premier rinfaccia alla cancelliera l’acquisto degli aeroporti greci da parte di aziende tedesche: “Non potete raccontarci che state donando il sangue all’Europa, cara Angela”.

29 dicembre 2015 – Che Bruxelles accolga le richieste italiane sulla flessibilità sulla legge di Stabilità “lo darei per scontato“, perché l’Italia non solo “non chiede sconti”, ma ha rispettato “tutte le regole” e “chiede che le regole Ue siano rispettate da tutti”, rivendica Renzi. “Il governo italiano non si è preso tutta la flessibilità cui avrebbe diritto” e dà “per scontato” il via libera allo 0,2% chiesto dall’Italia per l’emergenza immigrazione visto che la flessibilità è stata concessa anche per gli aiuti destinati alla Turchia.

7 gennaio 2016 – “L’Italia ha chiesto varie flessibilità, per le riforme strutturali, per gli investimenti, per i migranti. Dipende dalla Commissione Ue. L’unica cosa che
posso dire è: non spingiamo. La flessibilità è un margine, si può usare una volta sola. Non si può esagerare”. Così il presidente dell’Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem.

15 gennaio 2016 – “Ritengo che il primo ministro italiano abbia torto a vilipendere la Commissione a ogni occasione, non vedo perché lo faccia”, perché “noi abbiamo
introdotto flessibilità contro la volontà di alcuni Stati membri che molti dicono dominare l’Europa”, attacca Juncker. “Sono stato molto sorpreso che alla fine del semestre di presidenza italiana Renzi abbia detto davanti al Parlamento che è stato lui ad aver introdotto la flessibilità, perché sono stato io, io sono stato”. “Non ci facciamo intimidire. L’Italia merita rispetto”, è la replica di Renzi. “La flessibilità l’ha introdotta Bruxelles dopo che in modo molto molto molto insistito l’Italia l’ha chiesta. Flessibilità vuol dire buonsenso, avere una politica economica che pensa più all’occupazione e meno all’austerity e alle regole ferree del budget”. 

18 gennaio 2016 – Bruxelles non ha un interlocutore” a Roma, fanno sapere “fonti dell’Unione Europea” dietro le quali, si saprà nei giorni successivi, c’è il capo di gabinetto del presidente della Commissione Ue Martin Selmayr. Risponde il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni: “Abbiamo un continuo dialogo con le istituzioni, abbiamo un ministro degli Esteri, degli Interni, dell’Economia, l’Italia ha un governo nel pieno dei suoi poteri”.

21 gennaio 2016 – Renzi dà un’intervista a Il Sole 24 Ore in cui afferma che non c’è il rischio di richieste di correzione dei conti in primavera: “Stiamo parlando di qualche decimale di differenza”. Juncker? Ha “sbagliato linguaggio nel metodo e sostanza nel merito”, ma si tratta solo di “un infortunio verbale. Non sono permaloso. Se Juncker sbaglia una conferenza stampa, pace. Se Juncker sbaglia politiche, allora sì che mi preoccupo”. Lo stesso giorno il capogruppo Ppe Manfred Weber parla a Repubblica e sottolinea che l’atteggiamento di Renzi “mina la credibilità e l’affidabilità dell’Unione”. “Al Consiglio europeo di dicembre Renzi c’era e ha approvato la decisione di dare 3 miliardi alla Turchia”, ricorda. L’Italia “dovrebbe avere maggiore consapevolezza di sé, criticare l’Europa per farsi ascoltare non è necessario, è più efficace essere costruttivi, affidabili e credibili”.

29 gennaio 2016 – Renzi a Berlino incontra la cancelliera Merkel e mitiga i toni. Si limita a chiedere alla Commissione “risposte” alla richiesta dell’Italia di poter lasciare la sua quota di finanziamento alla Turchia fuori dal patto di stabilità. Risposte che però, chiarirà tre giorni dopo la Ue, erano state date già a dicembre. Come Renzi il 29 dicembre mostrava di sapere bene. Poi il premier cerca di cambiare le carte in tavola: se “le spese per salvare i bambini che navigano dalla Turchia alla Grecia sono fuori dal patto di stabilità”, dice, “è positivo”, ma allora lo stesso trattamento va concesso alle “spese per salvare i bambini eritrei che arrivano in Sicilia”, perché “solo una perversione burocratica può fare distinzioni tra le vite da salvare”. Merkel non gli dà corda e sulla flessibilità lo rimbalza a Bruxelles: “Non mi immischio in queste cose, è compito della Commissione decidere l’interpretazione”. Intanto il New York Times scrive che Renzi “ha scelto un approccio conflittuale, causato in parte dalla frustrazione”,per “un posto al tavolo del potere europeo”.

3 febbraio 2016 – L’ultimo colpo di scena, nel giorno in cui il Comitato dei Rappresentanti Permanenti dei 28 Paesi membri (Coreper) ha raggiunto un’intesa sui 3 miliardi per i rifugiati siriani in Turchiachiama in causa la Libia. La bozza preparata dall’Italia per il Comitato dei Rappresentanti Permanenti dei Governi degli Stati Membri dell’Unione Europea (Coreper) riporta infatti che “l’Italia si aspetta con forza che, nella valutazione dei programmi di stabilità, la Commissione adotti un approccio coerente, senza tenere in conto l’ammontare totale dei costi sostenuti dall’Italia fin dall’inizio della crisi libica per il calcolo del deficit di uno Stato membro ai fini del patto di stabilità” visto che “gli Stati membri di frontiera hanno sostenuto finora costi importanti per le attività di sorveglianza dei confini, per salvare vite in mare, per ricevere e dare accoglienza ai migranti approdati sulle loro coste”.

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