Di quel gioco a incastri che è il calciomercato, lui, era il re per eccellenza. Negli ultimi tempi se ne stava in disparte, perché aveva da portare avanti la negoziazione più dura della sua vita. E questa volta non ce l’ha fatta, Ernesto Bronzetti. Si è spento nella sua casa di Terni alle 6 di martedì mattina dopo aver lottato a lungo contro un male incurabile. Sessantotto anni, è stato uno dei procuratori più influenti nella storia del calcio moderno. Un precursore gentile in un mondo di lupi.

Alla sua arte oratoria e capacità di convincimento si devono molti dei botti di mercato delle big europee negli ultimi vent’anni. Aveva accesso nelle stanze più importanti, soprattutto sull’asse Italia-Spagna, il suo regno. Partito dal basso, si era guadagnato il rispetto e poi l’amicizia di Jesus Gil, Florentino Perez, Adriano Galliani e Carlo Ancelotti. Mai una parola fuori posto, spesso un sorriso, mai un pesante depistaggio nei confronti dei giornalisti, ai quali dedicava il giusto tempo anche nelle giornate di lavoro più intenso. Custodiva in bacheca sette trasferimenti di Palloni d’oro, un record. E appuntati sulla giacca aveva molti altri passaggi di casacca memorabili sotto il profilo economico.

Lo piange oggi il mondo del calcio, che per oltre due decenni lo ha riconosciuto come l’interlocutore a cui rivolgersi per sbloccare un incaglio o per arrivare nelle stanze che contano e oliare la trattativa. Un mediatore vero, il deus ex machina per eccellenza da quando nel 1994 divenne agente Fifa, l’ambasciatore per chiunque volesse bussare agli uffici più blindati d’Europa. A lui si devono i passaggi di Kakà dal Milan al Real Madrid, andata e ritorno, idem per Figo all’Inter, Ronaldo e Ronaldinho, Rivaldo, Zidane e Stoichkov. Tutti Palloni d’oro, tutti trasferimenti ‘made in Bronzetti’.

Ma la lista è molto più lunga e arriva fino a Beckham in rossonero e Cambiasso in nerazzurro. Poi ancora tre grandi colpi da Italia a Madrid: fu lui a portare Vieri dalla Juventus all’Atletico nel 1997 e poi dai colchoneros alla Lazio. E il suo zampino c’era pure nel trasferimento di Gaizka Mendieta dal Valencia alla Lazio nel 2001 per la cifra record, per l’epoca, di 90 miliardi di lire. Mosse i fili anche nella trattativa tra la Roma e il Real per Antonio Cassano, mentre quest’estate tentò di mediare tra due suoi grandi amici, Carlo Ancelotti e Adriano Galliani, per far tornare il tecnico emiliano al Milan, dov’è stato protagonista anche degli arrivi di Contra, Chamot e Javi Moreno.

Di acqua sotto i ponti ne era passata dagli esordi negli anni Ottanta, quando mosse i primi passi come direttore sportivo in Serie B e C. Un quinquennio trascorso tra Cava de’ Tirreni, Palermo e Foggia, dove rimase imbrigliato nella storiaccia del Totonero. Disse di non aver denunciato per paura, scontò tre anni di inibizione e ricominciò da casa sua, alla Ternana, prima di spiccare il volo verso la Spagna e cambiare il destino di mille e più sogni di tanti presidenti. Avrebbe compiuto 69 anni tra pochi giorni, il 13 febbraio. Da vero padrone del calciomercato ha atteso che gli operatori spegnessero le luci sulla sessione invernale. Intanto portava avanti la battaglia più difficile. Troppo, anche per un negoziatore del suo calibro.

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