Il 2015 non è stato un anno brillante per le energie rinnovabili. Da una parte i dati sulla nuova potenza installata e sulla produzione sono in calo, dall’altra si è creato un vuoto normativo a causa del ritardo del governo nell’approvare il decreto con  i nuovi incentivi alle fonti diverse dal fotovoltaico. Il provvedimento doveva essere pronto a fine 2014 ma ancora non vede la luce. Gli operatori lo aspettano da tempo, preoccupati degli effetti negativi che questo vuoto sta producendo al settore: rallentamento della crescita del numero degli impianti rinnovabili, aziende costrette a fuggire all’estero o a chiudere e drastico calo degli occupati.

Il lungo iter del decreto e lo stop di Bruxelles – I tre ministeri coinvolti – Sviluppo economico, Ambiente e Politiche Agricole – hanno trovato un accordo su una bozza solo a settembre 2015. Dunque quasi un anno dopo. Il testo è stato poi trasmesso all’Autorità per l’energia e alla Conferenza unificata che hanno dato i loro pareri, in base ai quali il governo ha apportato alcune modifiche. Ora è al vaglio della Commissione europea, che deve certificare la compatibilità delle norme con le linee guida in materia di aiuti di Stato. Indiscrezioni dicono però che Bruxelles sarebbe orientata a chiedere modifiche, eventualità che rallenterebbe ulteriormente l’iter del provvedimento. In generale, il fine del decreto nelle intenzioni dell’esecutivo è sostenere la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili (non fotovoltaiche) attraverso la definizione di incentivi e di modalità di accesso semplici. Il tutto per promuovere l’efficacia, l’efficienza e la sostenibilità degli oneri di incentivazione nell’ambito degli obiettivi della Strategia energetica nazionale.

I nodi del testo e i tempi troppo stretti  Ci sono però almeno due macigni che incombono sulle buone intenzioni. Il primo è relativo ai tempi: il provvedimento riguarda lo sviluppo di impianti per gli anni 2015 e 2016. Anche se entrasse in vigore immediatamente la sua validità sarebbe limitata a meno di 12 mesi. “Un tale atteggiamento da parte delle istituzioni è scandaloso e sintomatico del totale disinteresse per temi di notevole urgenza, come l’ambiente e i cambiamenti climatici, che rende vana ogni parola spesa in occasione della COP21 di Parigi”, commenta l’Associazione Nazionale Energia Vento (Anev). Sulla stessa linea il presidente di Anie Rinnovabili, Emilio Cremona: “E’ necessario che sia data subito la possibilità alle imprese delle rinnovabili di presentare progetti che possano accedere ai pochi sistemi incentivanti rimasti. Oggi sono bloccati tutti quei progetti che possono iscriversi ai registri o partecipare alle aste previste dal nuovo decreto”.

Senza decreto il tetto di spesa sarà raggiunto prima – Il secondo problema, anch’esso legato ai tempi, riguarda più specificatamente il tetto degli incentivi da assegnare: il testo lo fissa a 5,8 miliardi di euro l’anno, introducendo al contempo un nuovo metodo di calcolo che mette indietro al contatore. Ma, spiega l’analista Tommaso Barbetti di eLeMeNS in una intervista rilasciata a Qualenergia.it, finché il provvedimento non entra in vigore vige il vecchio metodo di calcolo con il rischio che il tetto di spesa di 5,8 miliardi venga raggiunto prima (a fine anno mancavano solo 33 milioni). In questo caso, gli incentivi verranno sospesi. Le conseguenze pratiche, spiega Barbetti, in realtà sarebbero trascurabili: non si fermerebbero gli incentivi ma ci potrebbe essere un breve stop and go e si dovrebbe fare un aggiornamento al nuovo decreto. Si andrebbe però a incidere sulla fiducia degli investitori.

Il 2015 “anno flop” per consumi di energia da fonti rinnovabili – Sta di fatto che i numeri parlano chiaro e mostrano come già il 2015 sia stato un anno nero per il settore. Dai dati Terna relativi al 2015 emerge che in Italia, a fronte di una crescita dei consumi di energia elettrica (la prima in tre anni), per le rinnovabili c’è stato un calo del 9% rispetto al 2014. Ben oltre 11 miliardi di chilowattora in meno rispetto al 2014 sono stati generati dalle fonti rinnovabili nel 2015. L’unica fonte con il segno più è il fotovoltaico, che è aumentato dell’1,5%, dopo quattro anni di decrescita. Per il Coordinamento Free il 2015 è stato quindi “un anno flop”: “Da una parte il governo italiano, per bocca del ministro Galletti, ha chiesto di limitare a 1,5 gradi (invece che a 2) l’aumento massimo della temperatura terrestre, dall’altro gli imprenditori eolici, geotermici, idroelettrici e da biomasse non possono realizzare gli impianti che questi obiettivi contribuirebbero a raggiungere”, dice l’associazione, “perché lo stesso esecutivo non emana da oltre un anno un decreto interministeriale che definisce le date per le aste competitive per la realizzazione di impianti da rinnovabili”.
Quanto all’eolico, secondo i dati Anev sono solo 295 i megawatt di nuova potenza installata in Italia nel 2015. Con gravi ripercussioni sul mondo del lavoro. Le aziende del settore secondo l’associazione sono infatti costrette a fuggire all’estero o a chiudere, con il risultato che si è passati da circa 37mila occupati nel 2012 a 34mila nel 2013, 30mila nel 2014 e 26mila nel 2015.

Articolo Precedente

Expo 2015, il lapsus di Sala svela la verità sui conti: “La perdita deriva da meccanismi molto complessi”

next
Articolo Successivo

Lotta alla povertà, associazioni deluse: “Mancano 5,5 miliardi. Governo riveda la legge delega”

next