La garanzia dello Stato sulla cartolarizzazione dei crediti in sofferenza, al centro dell’accordo raggiunto martedì sera tra il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan e la commissaria alla concorrenza Marghrethe Vestager, “non genererà oneri per il bilancio dello Stato. Al contrario, si prevede che le commissioni incassate siano superiori ai costi, e che vi sia pertanto un’entrata netta positiva”. Lo scrive il Tesoro in una nota con i dettagli sull’operazione. Ma se le casse dello Stato ci guadagneranno, secondo la Borsa per le banche l’operazione non sarà così conveniente. I titoli del settore bancario infatti, dopo un avvio positivo, hanno virato in rosso. Malissimo in particolare il Banco Popolare crollato del 7,8 per cento, Popolare dell’Emilia Romagna (-4,08%), Ubi (-3,23%) e Unicredit (-3,04%). Fa invece eccezione il Monte dei Paschi di Siena, che in giornata ha guadagnato più del 7% e ha chiuso in rialzo dell’1,14% a 0,711 euro.

Il motivo dell’accoglienza gelida va cercato nelle condizioni imposte da Bruxelles per dare il via libera alla garanzia pubblica senza considerarla aiuto di Stato: innanzitutto, spiega via XX Settembre, lo Stato “garantirà soltanto le tranche senior delle cartolarizzazioni, cioè quelle più sicure, che sopportano per ultime le eventuali perdite derivanti da recuperi sui crediti inferiori alle attese”. I titoli dovranno dunque aver ottenuto da un’agenzia un rating uguale o superiore a quello “investment grade“. Il rating, si legge, sarà rilasciato applicando “i criteri rigorosi che le agenzie sono tenute ad osservare”. Le banche “saranno tenute a dare l’incarico di recuperare i crediti a un servicer esterno e indipendente. Questo impedirà che l’azione di recupero sia frenata da eventuali conflitti di interesse“.

Inoltre il prezzo della garanzia, che sarà pari a una percentuale annua dell’ammontare garantito, dovrà essere di mercato. Verrà calcolato “prendendo come riferimento i prezzi dei Cds (credit default swap, cioè contratti di assicurazione dal rischio di fallimento, ndr) degli emittenti italiani con un livello di rischio corrispondente a quello dei titoli garantiti. Il prezzo sarà crescente nel tempo, sia per tenere conto dei maggiori rischi connessi a una maggiore durata delle note, sia per introdurre nello schema un forte incentivo a recuperare velocemente i crediti”. Infine “non si potrà procedere al rimborso delle tranche più rischiose (junior e mezzanina), se non saranno prima state integralmente rimborsate le tranche senior garantite dallo Stato”.

Questo intervento, aggiunge il ministero, “si aggiunge alle numerose misure approvate in questi mesi per contribuire al rafforzamento in atto del settore bancario” tra cui “trasformazione delle maggiori banche popolari in società per azioni, riforma delle fondazioni bancarie, semplificazione delle procedure di recupero crediti e delle procedure di insolvenza per ridurre i tempi, adeguamento allo standard europeo del trattamento fiscale delle svalutazioni, la prossima riforma delle banche di credito cooperativo“.

Secondo l’economista Mario Seminerio il meccanismo è una soluzione “di mercato in senso proprio, che cambierà verosimilmente di poco la situazione delle sofferenze delle banche italiane. Per molte di esse, scrive Seminerio sul blog Phastidio.net, “serviranno ancora aumenti di capitale, nel corso del tempo”. L’intervento pubblico infatti “opererà solo “a valle”, e di conseguenza alzerà il rating della tranche senior meno di quanto sarebbe accaduto se il Tesoro fosse stato pienamente co-obbligato”. Le banche che riusciranno a ricavare tranche senior molto piccole potranno liberarsi di poche sofferenze, nota Seminerio, “peraltro all’assai probabile prezzo di farsi incenerire di perdite la tranche equity e la mezzanina”.

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