“Rispetto all’idea che avevo prima di arrivare in questo luogo certamente non me lo pensavo così grande e proprio non riesco neppure a immaginare come abbiano potuto sopportare tanta sofferenza” ammette Giuseppe Di Rosa che viene da Catania. “Spero che questo viaggio mi faccia avere più attenzione al rispetto per il prossimo. Lo stesso rispetto che avevano gli ebrei tra di loro, nonostante tutto”. Al giovane studente è rimasto impresso il racconto fatto da Samuel Modiano (per tutti Sami), reduce dell’Olocausto ebreo dell’Isola di Rodi, caricato a forza su una carretta solitamente adibita al trasporto degli animali. Una settimana di navigazione tra lo sterco delle bestie e dei tanti umani destinati ad essere internati. “Eppure quando ci davano un po’ d’acqua, gli uomini la porgevano alle donne incinte, ai bambini e ai vecchi perché ne avevano più bisogno”. Riuscire, almeno nelle prime fasi, a donare e condividere quel niente che veniva concesso è uno degli aspetti che più ha colpito i ragazzi anche se poi hanno ben compreso che la sopravvivenza di ognuno era talvolta legata alla morte di un altro, magari amico.

Centotrenta studenti delle scuole italiane camminano in silenzio sulla neve di Auschwitz-Birkenau, luogo in cui tra il 1940 e il 1945 i nazisti tedeschi uccisero oltre un milione di persone seguendo l’ideologia secondo la quale, come affermava l’allora ministro nazista della Giustizia, “dobbiamo liberare la nazione tedesca da polacchi, russi, ebrei e zingari”.

Camminano i ragazzi nel Konzentrationlager ideato dalle autorità tedesche nella città polacca che oggi è denominata Oświęcim, allora annessa al Terzo Reich.
Promosso dal ministero dell’Istruzione insieme all’Unione comunità ebraiche italiane, il viaggio-studio edizione 2016 che si è svolto il 18 e 19 gennaio è stato anche l’occasione per rinnovare il Protocollo d’Intesa tra Miur e Ucei a conferma del reciproco impegno a proseguire nelle scuole italiane la diffusione della conoscenza dei fatti storici affinché non venga dispersa la memoria di quanto accaduto nei campi di concentramento nazisti. “Questo viaggio è fare scuola” ha sottolineato la ministra dell’Istruzione Stefania Giannini. “Essere qui significa rivedere tutto ciò che mi raccontavano quando ero piccina” spiega Giulia Pantaleo di 19 anni studentessa dell’Ips Giuseppe Ravizza di Novara: “Avevo letto sui libri, ma guardare con i propri occhi è un’altra cosa”.

Ascoltano i ragazzi che non hanno nessuna voglia di scattare selfie e di scherzare seduti su alcuni gradoni di fronte ai resti di quello che era uno degli spogliatoi interrati nei quali venivano stipati – con l’inganno e l’illusione di potersi lavare – bambini, donne, vecchi e uomini prima delle docce della morte. Incuranti della neve, oggi gli alunni si stringono tutti intorno a Sami che racconta. Il cammino prosegue lento nonostante il gelo: i ragazzi ascoltano le parole, le immagini e la ricostruzione accompagnati, tra gli altri, dallo storico Marcello Pezzetti e Roberto Della Rocca, direttore del dipartimento educazione e cultura dell’Unione Comunità ebraiche italiane.

Quello che è stato perpetrato in questi luoghi è troppo grande e chiunque vi entri può solo sentirsi piccolo al cospetto di quell’orizzonte – ideologico prima ancora che fisico – fatto di baracche, filo spinato e una ragnatela di binari ferroviari sui quali viaggiavano i vagoni della sofferenza, disumanizzazione di ignari e innocenti destinati all’inferno in terra. “Per me il senso di questo viaggio è far capire alla gente che siamo tutti uguali è che non ci sono differenze tra le persone” sintetizza Lorenzo Sebastiani che insieme ad altri due compagni arriva da Sant’Anna di Stazzema, il piccolo paesino toscano sconvolto dall’eccidio nazifascista del 12 agosto 1944. A Lorenzo fa eco il compagno Garcio Alves Gomes è colpito dal racconto di altre testimoni delle atrocità di Auschwitz: Andra e Tatiana Bucci, due bimbe che all’epoca avevano 4 e 6 anni, sopravvissute perché scambiate per gemelle. Vissero nel campo di concentramento dal marzo 1944 al gennaio 1945, i tedeschi le strapparono insieme alla mamma dalla loro casa di Fiume e prima di essere deportate in Polonia vennero rinchiuse nelle minuscole celle nella Risiera di San Sabba a Trieste.

“L’Italia fu parte integrante di quell’orrore” ha dichiarato la presidente della Camera Laura Boldrini che insieme alla ministra Stefania Giannini e al presidente dell’Ucei Renzo Gattegna hanno accompagnato la delegazione degli studenti che hanno voluto pubblicare i loro pensieri, video e fotografie sulla pagina Facebook oltre che sull’account Twitter @MiurSocial.

e.reguitti@ilfattoquotidiano.it

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