Soldati italiani in guerra

Litigano su quasi tutto. Litigate trasversali. Litigate intragruppi e intergruppi. Litigano alla Camera e litigano al Senato. Ma si trovano (quasi) tutti d’accordo sulle grandi questioni patriottiche. Una prova? Un emendamento al decreto passepartout opportunamente battezzato milleproroghe, che rinvia di un anno il rinnovo delle rappresentanze dei militari. Emendamento monstre non tanto per le dimensioni quanto per l’inusitato numero di firmatari (ben tredici) in rappresentanza trasversale di quasi tutti i gruppi parlamentari. Sette su tredici sono del Pd (un piddino, Giovanni Falcone, per stare sicuro ha presentato da solo anche due ulteriori emendamenti di proroga: un vero entusiasta), gli altri si sparpagliano tra Sel (!!), Area popolare, Forza Italia. Un grande abbraccio nazional-patriottico al quale si sono sottratti solo i Cinque Stelle, la Lega Nord (immagino con motivazioni diverse) e alcuni del confuso firmamento delle componenti del Gruppo misto: oggi sette, di doman non v’è certezza.

Mi rendo conto che a prima vista una proroga di un anno di un organismo militare possa sembrare questione di scarso rilievo. Ma non lo è. Non tanto perché questa sarebbe la terza proroga dal 2010. Quanto perché una proroga va a incidere sulla credibilità stessa della rappresentanza, che di proroga in proroga non rappresenta più se non se stessa. Tra l’altro ogni volta le proroghe sono state motivate con l’imminente conclusione di una riforma che non arriva. Nell’Italia del provvisorio permanente, è da quando la rappresentanza militare è nata che la si vuol riformare.

Un passo indietro, ad usum del colto pubblico e dell’inclita guarnigione (siamo in tema). La rappresentanza militare nacque nel 1978 dopo anni di clamorose battaglie dei militari, soldati di leva ma anche sottufficiali e alcuni ufficiali. A quel tempo chiamavamo i militari “cittadini in divisa”. Erano altri anni. Adesso c’è invece qualcuno che sogna di mettere le divise ai cittadini. Sissignori, all’armi, all’armi/per chi in truce assenteismo/disvaluta l’eroismo/di chi forza l’avvenir!

La rappresentanza militare, pur con tutte le contraddizioni di un organismo embedded come diremmo oggi, ha dato per un po’ voce al sentire dei cittadini in divisa. Voce, a dire il vero, sempre più flebile mano a mano che si sono perse di vista le ragioni e gli ideali che stavano alla base della sua nascita. Per cui negli ultimi anni abbiamo visto organismi sempre più schiacciati sulle posizioni e le esigenze delle gerarchie.

Fino al paradosso di oggi, dove il presidente della rappresentanza dell’Esercito è il generale di divisione Paolo Gerometta e quello della Marina è l’ammiraglio di divisione Pietro Ricca. Ora, già è discutibile che due ufficiali generali siano a capo degli organismi che dovrebbero tutelare alcune decine di migliaia di soldati, sergenti e marescialli. Ma questi due ufficiali sono anche rispettivamente capo della Direzione generale del personale militare e capo del Reparto personale dello Stato maggiore della Marina.

Qualcuno è davvero convinto, come auspicava Bertoldo nel suo testamento rivolgendosi al Re, che questi sappiano di tenere la bilancia giusta, tanto per il povero, quanto pel ricco? A naso lo vedo difficile considerando anche l’ostinazione con cui questi signori tengono tutte le poltrone possibili, difesi e giustificati dai ministri che si succedono indifferenti. Prendete Gerometta. Ci saranno una decina di interrogazioni che chiedono spiegazioni su come uno stesso ufficiale possa ricoprire due incarichi così confliggenti.

Le risposte, quando ci sono, sembrano scritte con il ciclostile (ops, la fotocopiatrice il ciclostile lo usavano quelli di Lotta continua). Dice la Pinotti: “L’incarico di Direttore generale per il personale militare, al pari di altri fra cui quello di Capo di un Reparto di uno Stato maggiore di Forza armata, comporta compiti istituzionali che non confliggono in alcun modo con quelli connessi al mandato della rappresentanza militare”. Non confliggono in alcun modo? Va bene che siamo il Paese di Berlusconi e di Renzi, ma un po’ di decenza ogni tanto non guasterebbe.

Tanto per restare in tema Pinotti, uno dei miei preferiti della serie “mi piace vincere facile”, sentite cosa diceva l’attuale ministra della Difesa, assieme a tutti senatori Pd, quand’era in commissione Difesa del Senato (siamo nel 2012): “La tutela della funzione democratica degli organi della rappresentanza militare si basa in gran parte anche sul rispetto della durata del mandato degli eletti e sulla possibilità per il personale militare di esprimere democraticamente e nei tempi previsti le proprie scelte; non è più dunque rinviabile che gli organi di rappresentanza all’interno delle forze armate siano soggetti a infinite proroghe per quanto riguarda la loro durata, snaturando così ragione e natura delle rappresentanze stesse” (dall’Ansa del 9 febbraio 2012). Chissà cosa ne dicono i sette-deputati-Pd-sette, che adesso la proroga la vogliono con tanto entusiasmo?

Per Salvatore Rullo, vicepresidente dell’associazione Assodipro che si batte per il riconoscimento dei diritti sindacali dei militari, “si continua con il sistema delle mance: è oltremodo imbarazzante  sapere che l’onorevole Rosa Villecco Calipari ha proposto l’ennesima proroga di un anno, alla rappresentanza militare, che potrebbe apparire come una mancia ad alcuni Coocer – sindacato giallo pagato dallo Stato. No alle proroghe e sì ai diritti ratificati da sentenze della Corte  di Strasburgo”.

D’altronde che ci si può aspettare ai tempi del renzismo trionfante? In un momento in cui in Italia si decide di passare il Corpo forestale dello Stato, un corpo di polizia civile, ai Carabinieri, una forza armata. Neppure il fascismo aveva osato tanto. Di che ci potremmo stupire in un Paese che sembra tollerare che un Carrai qualsiasi possa diventare capo di una struttura per la sicurezza informatica dello Stato. Al confronto, appallottolare i diritti e buttarli nel cestino sembra tutto sommato uno scherzo. D’altronde Renzi e i suoi nominandi deputati sembrano avere una smisurata ammirazione per un altro supremo campione della cancellazione dei diritti: Marchionne, un maestro perfetto. Che sarà mai un Cocer? Dopotutto sono solo militari.

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