“Ci sono froci in nazionale? Se dico quello che penso sai che cosa viene fuori… Sono froci, problemi loro, speriamo che non ci siano veramente in nazionale. Me la cavo così, sennò sai gli attacchi da tutte le parti”. Così, con la consueta eleganza che lo contraddistingue fuori dal campo, Antonio Cassano in conferenza stampa dal ritiro azzurro di Cracovia commenta le recenti dichiarazioni di Alessandro Cecchi Paone, che ieri ha sostenuto che in nazionale giochino due calciatori omosessuali e un bisessuale. “Se lo dice Cecchi Paone… Ma c’è mai stato lui in Nazionale?”, si chiede ancora l’ex enfant prodige barese, come se non fosse il primo a conoscere il muro di omertà che circonda il vero grande tabù del mondo del calcio. Ancor più nascosto del doping o delle scommesse, ovvero l’omosessualità.

Così ha parlato Cecchi Paone ieri sera ai microfoni della trasmissione ‘La Zanzara’ di Radio24: “Nella nazionale di Prandelli ci sono sicuramente due omosessuali, un bisessuale e tre metrosexual. Il resto sono sani eterosessuali, simpaticamente e normalmente rozzi”. Prima di spiegare al pubblico che i metrosexual: “Sono quei maschi al momento interessati solo alle donne ma che hanno una cura di se stessi, del corpo e dei particolari più tipica di un bisessuale o di un omosessuale. Il che può far ben sperare per sviluppi futuri”. E poi di raccontare per l’ennesima volta di relazioni pericolose e amanti proibiti nel calcio: “Erano uno di serie A e uno di serie C, due storie finite perché temevano le reazioni dei tifosi e non si volevano dichiarare. Il problema del coming out non sono i tifosi ma il presidente, i procuratori e gli allenatori”.

Ora, al di là del dibattito se le modalità con cui Cecchi Paone discute di omosessualità nello sport, alimentando chiacchiere e dicerie, favoriscano la libertà sessuale o contribuiscano a ghettizzarla, di sicuro queste dichiarazioni aiutano fare parlare dell’argomento i calciatori. Peccato che le risposte non brillino mai per intelligenza. “Eccezione fatta per Prandelli“, come ha sottolineato ieri Cecchi Paone. E’ stato infatti il commissario tecnico della nazionale due mesi fa, proprio nella prefazione ad un libro dello stesso Cecchi Paone, a scrivere parole di uno spessore ben diverso dalla dominante vulgata pallonara e dalla stessa irrefrenabile necessità di sensazionalismo dell’autore del libro. “Nel mondo del calcio e dello sport resiste ancora il tabù nei confronti dell’omosessualità. Mentre ognuno deve vivere liberamente se stesso, i propri desideri e i propri sentimenti. Dobbiamo tutti impegnarci per una cultura dello sport che rispetti l’individuo in ogni manifestazione della sua verità e della sua libertà – ha scritto Prandelli -. L’omofobia è razzismo, è indispensabile fare un passo ulteriore per tutelare tutti gli aspetti dell’autodeterminazione degli individui, sportivi compresi. Magari presto qualche calciatore farà coming out”. Un parere in controtendenza, sia rispetto alle ‘cassanate’ dette dal suo predecessore Marcello Lippi: “Gay nel calcio? Mai visto uno in quarant’anni di attività”, sia rispetto alle parole di Damiano Tommasi, presidente del sindacato dei calciatori, che lo scorso novembre aveva dichiarato: “Esprimere la propria preferenza sessuale è difficile in tutti gli ambiti, ancor di più per un calciatore che condivide con lo spogliatoio, quindi anche la sua intimità, con altri. Nel nostro mondo si potrebbe creare imbarazzo (…) Anche il coming out è da sconsigliare”.

Intervistato subito dopo le parole di Cassano da ilfattoquotidiano.it, Tommasi spiega di essere rimasto della stessa idea. E alla fine sembra di capire che, ‘cassanate’ verbali o meno, il muro di gomma dell’omertà sia destinato a resistere a lungo nel machissimo e omofobico mondo pallonaro. “Sulle parole di Cassano non commento perché non le ho sentite, in generale questo è un argomento delicato e personale su cui si sta facendo troppo rumore – spiega a ilfattoquotidiano.it Tommasi -. E questa ne è la dimostrazione, appena un calciatore pronuncia la parola omosessuale la cosa fa scalpore, in un senso o nell’altro”. “Se il coming out servisse ad aiutare una persona che ha un problema a togliersi un peso e vivere meglio l’ambiente in cui lavora, allora l’interessato potrebbe farlo – continua Tommasi -. Se invece il coming out di un calciatore giova solo a chi scrive e fa titoli, per fare scalpore e cercare la polemica, allora è un altro discorso. Questa è la domanda, a chi giova?” Il coming out di un calciatore famoso magari può giovare agli altri, essere d’aiuto a molti adolescenti che vivono la propria sessualità come un problema. “Innanzitutto bisogna vedere se è vero, se a questi ragazzi potrebbe davvero servire. Ma soprattutto bisognerebbe vedere se il calciatore cui si chiede di uscire allo scoperto abbia o meno questa esigenza – risponde Tommasi -. O se alla fine questo calciatore piuttosto che vivere meglio la sua vita e la sua sessualità non diventi invece una macchietta”.

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