Nessun divieto totale come in Francia. Eppure molto presto anche in Gran Bretagna le donne musulmane potrebbero essere obbligate a togliersi il velo integrale negli uffici pubblici, nelle scuole, nei tribunali, negli ospedali e alle frontiere, al momento del controllo del passaporto. In un Regno Unito dove oltre 3 milioni di cittadini (circa il 5% del totale) è di fede islamica e da dove negli ultimi anni centinaia di ‘foreign fighters’ sono partiti alla volta della Siria e dell’Iraq per combattere al fianco dei terroristi dell’Isis, il governo conservatore guidato da David Cameron è impegnato in queste settimane in una stretta che vede censurata ogni tendenza alla segregazione, alla ghettizzazione e alla radicalizzazione dei suoi cittadini.

Pochi giorni fa era arrivata la conferma di una nuova norma: da ottobre le donne che arriveranno nel Regno Unito per ricongiungimento famigliare dovranno, dopo qualche tempo, dimostrare la loro conoscenza della lingua inglese, pena il divieto a risiedere sul territorio britannico. Ora, appunto, l’altra mossa, annunciata dal premier Tory durante un’intervista alla Bbc. “Quando entri in contatto con un’istituzione o sei in tribunale oppure quando è necessario che si veda la faccia di qualcuno alla frontiera – ha detto Cameron – allora io appoggerò sempre l’autorità e l’istituzione che metteranno in essere regole appropriate e di buon senso”.

Certo, da parte del premier è arrivato un no all’introduzione, al di qua della Manica, del modello francese, che già dal 2011 prevede il bando del burqa e del niqab, pena una multa e spesso un corso obbligatorio di educazione civica da seguire. Regole poi approvate e confermate anche dalla Corte europea dei diritti dell’uomo nel 2014, ma che evidentemente per Cameron sono un po’ troppo restrittive per il contesto britannico. “Relativamente all’approccio francese che mette al bando alcuni capi di abbigliamento – ha detto il primo ministro alla Bbc – non penso che questo sia il modo in cui noi dobbiamo fare le cose in questo Paese e non penso che possa essere d’aiuto. Io credo – ha continuato – che nel nostro Paese le persone debbano essere libere di indossare quello che vogliono e nei limiti vivere come vogliono”. Però, per il premier, “se per esempio una scuola ha alcune regole sulle uniformi”, allora l’autorità dovrebbe “sempre stare dalla parte della scuola”.

Ma le misure del governo conservatore non finiscono qui. Allo studio, infatti, è anche una legge che vieti il ‘sessismo’ nei luoghi religiosi dove le donne vengono separate dagli uomini (ed è il caso per esempio di molte moschee) e inoltre si sta pensando a diverse norme per evitare la radicalizzazione dei giovani e dei giovanissimi. A Londra e nelle altre grandi città britanniche, negli ultimi anni hanno fatto notizia diversi casi di ragazzi e ragazze che hanno preso il volo per la Turchia e che poi, attraversando il confine con la Siria, si sono uniti ai terroristi del sedicente “Stato islamico”.

Il ministro dell’Istruzione, Nicky Morgan, martedì 19 gennaio ha presentato nuovi strumenti informatici che mettano in rete le scuole nell’ambito di un progetto di prevenzione contro la radicalizzazione, che spesso avviene all’insaputa degli stessi genitori. Così gli insegnanti dovranno avvisare le famiglie in caso di assenze ingiustificate e in caso di comportamenti ritenuti ‘bizzarri’, come ad esempio quelli dei ragazzini che passano troppo tempo al cellulare, che portano avanti teorie del complotto (spesso un sintomo della radicalizzazione) oppure che cominciano a tenere comportamenti discriminatori nei confronti delle ragazzine o degli studenti apertamente omosessuali. Così, mentre l’intelligence britannica lavora sul fronte siriano e ora anche libico, gli insegnanti delle scuole di sua maestà la regina dovranno diventare quasi dei ‘controllori’ delle menti degli studenti. I sindacati dell’istruzione sono scettici, ma il governo conservatore va dritto per la sua strada.

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