“Se non vi piace il teatro, evitate di guardare i telegiornali”, consiglia l’editoriale dell’ABC di lunedì. A Madrid si è aperta la settimana delle consultazioni. Il re Felipe VI ha cominciato il suo giro d’incontri per verificare la possibilità di formare un governo dopo le elezioni del 20 dicembre, mentre i partiti continuano a litigare sui possibili accordi: Il Psoe con il PP, Podemos con il Psoe, Ciudadanos con Podemos. Poi c’è chi guarda all’Italia: un iberico Matteo Renzi? Non esiste. Un governo Letta(s)? Impossibile. Un Monti alla spagnola?, “una formula repubblicana, propria di un Capo di Stato con margini di manovra che la Costituzione non concede alla Corona”, dice sempre l’ABC.

Mariano Rajoy, tecnicamente vincente un po’ come il fu Pierluigi Bersani, non dorme da giorni: secondo quanto riporta El Mundo, il Pp sarebbe disposto a negoziare con il Psoe sulla riforma del lavoro. “Accetterebbe di parlare pure della ley mordaza e la legge sull’educazione” Il problema, dicono, è che dall’altro lato non c’è nessuno. Motivo? Col Pp nessuno vuole scendere a patti. Da una parte Podemos chiede ai socialisti di Sánchez di cedere deputati in cambio di un patto; dall’altra parte il Psoe rifiuta e mantiene la strategia di “un ponte con la Catalogna“, nonostante le pressioni interne. Al di là del protocollo, Felipe VI potrebbe, secondo El Correo, “spingere verso una negoziazione”. Altrimenti, come sostiene La Vaguardia,”l’ultima opzione è tornare alle urne in primavera”.

“Il nostro problema? Il peccato. In Spagna ci devi fare i conti: se vai all’inferno è per sempre. Voi invece andate a confessarvi e domani ricominciate daccapo, come se nulla fosse. In Italia non esiste una condanna definitiva“, dice divertito Iñigo Domínguez a IlFattoQuotidiano.it. Il giornalista de El País ha firmato quell’editoriale, scritto nella convulsa notte elettorale madrilena, che ha fatto il giro di tutti i media nazionali. Titolo ad effetto: Bienvenidos en Italia, per l’appunto. “E pensare che sono andato via da Roma poco più di un mese fa. Nemmeno il tempo di disfare i bagagli, che mi sembra di esserci tornato”, sorride l’opinionista. Domínguez, 43 anni, ha vissuto per più di un decennio nella capitale – un “labirinto kafkiano che t’insegna a vivere” diceva qualche tempo fa in un’intervista -, come corrispondente per il quotidiano basco El Correo. Ha scritto di mafia (e mafie). E come tutti (nel bene o nel male) è stato un grande appassionato delle vicende del Cavaliere.

La questione è la seguente: “I politici spagnoli non hanno l’abilità italiana. Non sanno nulla di strategie, di accordi sottobanco o compromessi. Non hanno senso tattico. Manca loro l’arte della politica, quella che ti permette di scendere a patti. Sono degli intransigenti con l’avversario. Dovranno darsi un bel da fare adesso”, spiega Domínguez, che per anni s’è aggirato nel Transatlantico.

Dopo il voto alle urne, la situazione insomma è più ingarbugliata che mai: quattro formazioni, una serie di linee rosse oltre le quali non andare e dei leader che non sanno che pesci prendere. Senza contare il problema catalano che bussa alle porte di Madrid, con sempre più insistenza. “In generale c’è un’incapacità culturale e dialettica a trovare soluzioni creative. Siamo più idealisti, radicali degli italiani. Se la sinistra riuscisse a scendere a patti come si è fatto in Italia con Berlusconi, sarebbe un tradimento enorme, anche per gli elettori. E pensare che il Partito popolare non ruota certo attorno al leader, come con Forza Italia. Il centrodestra spagnolo è più europeo, più civile, più moderno di quello italiano”, ribadisce Domínguez.

Quel che è certo al momento è che niente è certo. Secondo il giornalista spagnolo “si sta ancora digerendo l’accaduto”. Tornare alle urne poi non risolverebbe il problema. E probabilmente non converrebbe nemmeno ai partiti, soprattutto a Ciudadanos che potrebbe perdere consenso a scapito del cosiddetto “voto utile” per i popolari. Ma anche i socialisti di Sánchez rischierebbero, in termini numerici, di finire dietro a Podemos, come d’altronde confermano i primi sondaggi post elettorali di Metroscopia, pubblicati domenica da El País. “Il Psoe è dilaniato. Ci sono due anime, come nel PD. Ma l’odio contro i popolari è più forte di qualsiasi bega interna”, spiega Domínguez. E Podemos? “Come diceva Andreotti il potere logora chi non ce l’ha. L’esperienza del movimento di Grillo in Italia lo dimostra. Si opposero a Bersani e in seguito hanno perso molte preferenze. Hanno fatto molti errori da allora. Se Pablo Iglesias continua a tener l’asticella alta, con la richiesta di un referendum catalano, rischia di fare la stessa fine. Tanto più che adesso in Catalogna il governo è stato formato”. È l’ora di “stringere i ranghi e tendere la mano all’avversario” sostiene il giornalista de El País. Chissà, alla Spagna servirebbe un uomo abile, un novello Adolfo Suárez, padre del periodo della Transizione. “Lui sì, aveva la stoffa dell’italiano”.

@si_ragu

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