“Almeno 150 persone sono state decapitate dall’Isis nel massacro di Deir Ezzor, incluse decine di donne e bambini”, area strategica per il controllo del petrolio in Siria. Lo riferiscono alcuni attivisti locali, citati dai media curdi. Ma per l’agenzia ufficiale del paese, Sana, i morti sono almeno 300 e altre 400 persone sono state prese in ostaggio, tutte tra i civili.  L’assalto dei jihadisti è stato compiuto sabato 16 gennaio ad al Bughailiyeh, un villaggio controllato dalle forze governative della provincia orientale di Deir Ezzor non lontano dall’Iraq. E’ una delle più grandi stragi commesse in un solo giorno da quando è iniziata la guerra civile nel 2011. L’offensiva di Isis si colloca nel contesto di una lotta che rappresenta uno dei crocevia più importanti della guerra contro gli uomini del Califfato. Quest’area rappresenta, infatti, il cuore energetico del Paese, vista la presenza di circa tre quarti dei giacimenti di petrolio dell’intera Siria e di 350 raffinerie mobili create dai miliziani fedeli ad Abu Bakr al-Baghdadi.

La strage di Deir Ezzor: i corpi gettati nel fiume Eufrate
A Deir Ezzor diversi kamikaze si sono fatti saltare in aria vicino a luoghi di governo. Dopo aver ucciso decine di forze sicurezza governative i militanti dell’Isis sono riusciti a penetrare nel villaggio e a quel punto è iniziato il massacro dei civili. “Li hanno uccisi casa per casa”, spiegano gli attivisti. I corpi delle vittime poi sono stati gettati nel fiume Eufrate “Temiamo che i 400 civili vengano giustiziati o ridotti in schiavitù con il pretesto che erano sostenitori del regime” ha aggiunto Rami Abdel-Rahman, capo dell’Osservatorio siriano per i diritti umani. Altri media locali riportano, però, che il giorno successivo il villaggio è stato riconquistato dalle forze governative

La battaglia per il controllo dei giacimenti del petrolio
Secondo i report dell’Osservatorio, la città ormai è quasi completamente nelle mani dell’Isis, ad eccezione dei sobborghi nei pressi di un aeroporto militare. Ma per Assad sarebbe fondamentale riconquistare questa zona al confine tra Siria e Iraq: significherebbe il ritorno all’indipendenza energetica del regime, oggi costretto ad acquistare il petrolio del Califfato per la sussistenza della popolazione e i rifornimenti delle truppe di Damasco. Così, le casse dello Stato Islamico, che dall’estrazione e vendita dell’oro nero ricava una bella fetta dei propri introiti, subirebbero un colpo da oltre 300 milioni di dollari all’anno. Per questo, negli ultimi mesi i bombardamenti della coalizione occidentale e dell’aviazione russa si sono concentrati nella regione di confine, colpendo numerosi centri estrattivi, raffinerie e convogli di Isis. La crudeltà del contrattacco jihadista rappresenterebbe, quindi, il messaggio di minacce di Isis rivolto a chi tenterà di sottrargli i preziosi giacimenti siriani.

Raid aerei a Raqqa: 40 civili uccisi
Intanto sempre sabato 16 gennaio l’Osservatorio siriano riporta che altri 40 civili, fra cui otto bambini, sono morti a Raqqa per dei raid aerei. Non è ancora chiaro se gli attacchi siano stati compiuti dalla Russia o dalla coalizione guidata dagli Usa.

Articolo Precedente

Venezuela: la barzelletta continua (e la tragedia pure)

next
Articolo Successivo

Burkina Faso, tra le vittime un bimbo italiano Mattarella: “Nessuna umanità”

next