capuozzo 675

La cosa più pregnante di Quarto, del Movimento 5 stelle, dell’indagine e del gran vociare che si fa di una questione minore, induce a pensare che il pensiero, in questo Paese, non si eleva e non si eleverà mai.

Personalmente io nutro forti dubbi anche sull’operato di certa magistratura e tale mio personale sentire sono solito applicarlo indipendentemente da coloro che hanno la sfortuna di misurarlo. Vale per tutti e anche per i cinque stelle. Ma la cosa rilevante riguarda, prima ancora che la perdita di verginità, cosa in cui solo gli inconsapevoli innamorati cornuti possono credere, la drammatica e perdurante questione della selezione della classe dirigente e del venire meno, in solo due anni, di tutte le ragioni di alterità, di diversità, di superiorità, sbandierate dai cinque stelle alla stessa stregua con cui la prima Lega sbandierava le proprie.

Abbandonate le dimensioni utopiche della democrazia diretta, dell’uno vale uno, della rete come strumento di conoscenza, della onestà come forma implicita di capacità, rimane, nel desolato panorama delle amministrazioni a cinque stelle, una diffusa impressione di pressapochismo e cialtroneria che nessun principio di trasparenza o di rettitudine riesce a cancellare.

La risposta di ordinanza che investe un Pd peggiore è pari al noto detto veneto per cui “ el tacon l’è peso del buso “, che per coloro che non sono avvezzi ai dialetti, significa che la toppa che ripara il buco peggiora la situazione.

Nell’immaginario grillino essere meglio di un partito definito camorrista o mafioso mi sembra termine di paragone debolissimo. Sprofonda l’eventuale simpatizzante in quel gorgo mefitico, per cui, da quaranta anni a questa parte, nei giorni di elezioni si usa la molletta al naso per recarsi alle urne. E non certo per le ipotetiche infiltrazioni mafiose ( che in certe terre con le preferenze sono incontrollabili ) ma proprio per la pochezza del prodotto selezionato e finito che dovrebbe costruire l’ossatura di una classe dirigente futura.

Vorrei che Grillo affermasse ancora con la stessa sicumera che una casalinga può tranquillamente sedere sulla poltrona del ministero delle Finanze per spernacchiarlo e domandargli del perché non si gioca la carta Di Battista alle amministrative di Roma. Solo il solito inconsapevole spasimante di cui sopra, potrà credere alla balla della coerenza in un movimento in cui la coerenza è stata vilipesa ripetutamente a seconda delle convenienze del momento.

Penso che lo stesso Di Battista che, in qualità di amministratore, si troverebbe mille volte su quella scomoda panchinetta su cui si è trovato insieme agli altri due membri del direttorio per balbettare scuse non richieste, sia consapevole che da amministratore dovrebbe ricacciarsi in gola parecchie populistiche verità con cui fa audience in televisione.

Il più intelligente, in quanto più lesto a capirlo, rimane il primo dei sindaci grillini: Pizzarotti. La politica è cosa terribilmente seria e difficile. La complessità la cacci dalla tua terminologia ma la realtà te la ripropone tale e quale. E infatti, è inviso al movimentismo fanatico dell’avanguardia grillina.

Poi si discuterà di Quarto o degli arresti del Pd come se la gara fosse a chi ha meno arrestati o indagati e non a chi governa meglio. Ci basterà, in futuro, la rassicurante idea che un Paese destinato a sprofondare dovrebbe farlo in maniera onesta.

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