È scontro aperto sul permesso per la ricerca di idrocarburi al largo delle isole Tremiti ottenuto dalla Petroceltic. Dopo la denuncia di Angelo Bonelli della Federazione dei Verdi sull’ok alle ricerche per meno di 2mila euro all’anno e il duro intervento del presidente della Regione Puglia Michele Emiliano, che ha lanciato un appello al premier Matteo Renzi attraverso Twitter, anche la senatrice abruzzese del Pd Stefania Pezzopane chiede una presa di posizione da parte del governo. E il ministro difende l’operato del governo: “Non ci saranno trivellazioni al largo delle Tremiti”. Le regioni interessate, però, temono anche le operazioni necessarie per la ricerca. Che verranno eseguite con la tecnica dell’airgun. E si temono gli effetti su pesca e turismo.

LE REAZIONI ANTI-TRIVELLE – A pochi giorni dalla prima udienza davanti alla Corte costituzionale, l’affaire Petroceltic al largo delle isole Tremiti è al centro di un acceso dibattito. Durissima la presa di posizione del governatore della Puglia: “Trivellare il nostro mare è una vergogna e una follia”. Poi l’appello di Emiliano al premier Renzi “perché revochi tutte le autorizzazioni per trivellare il nostro mare per lealtà costituzionale verso le Regioni”. Sulla stessa lunghezza d’onda la senatrice Pezzopane: “Da parlamentare impegnata su questo fronte, mi associo all’appello del presidente della Regione Puglia Michele Emiliano”. Anche la senatrice chiede un intervento del governo. “Oppure l’esecutivo revochi subito le licenze per le trivellazioni rilasciate il 22 dicembre un giorno prima dell’approvazione della legge di Stabilità che contiene la norma alla quale tutti noi abbiamo lavorato: lo stop entro le 12 miglia”.

LA DIFESA DEL MINISTRO – Secondo il ministro dello Sviluppo Federica Guidi, le polemiche sui permessi di ricerca nell’Adriatico sono “un polverone pretestuoso e strumentale”. Per l’esponente del governo “non c’è nessuna trivellazione”. I permessi riguardano una zona di mare che si trova oltre le 12 miglia dalla costa e anche dalle isole Tremiti. “Il permesso di ricerca concesso alla società Petroceltic – spiega inoltre il ministro – riguarda soltanto la prospezione geofisica e non prevede alcuna perforazione”. Che, comunque, non potrebbe essere autorizzata se non sulla base di una specifica valutazione di impatto ambientale. “Il presidente Emiliano – dichiara il ministro – conosce benissimo i termini esatti della questione che a suo tempo gli è stata accuratamente rappresentata dal ministero dello Sviluppo economico”. Infine le precisazioni sulla legge di Stabilità: “Venendo incontro alle richieste referendarie, la legge ha escluso qualsiasi nuova ricerca entro le 12 miglia dalle coste”. Il permesso alla Petroceltic “non ha quindi nulla a che vedere con la legge di Stabilità visto che si tratta di ricerche al di fuori del limite delle 12 miglia”. Rassicurazioni che non convincono tutti. Per l’assessore alla Qualità dell’Ambiente della Puglia, Domenico Santorsola, “resta alto e poco prevedibile l’impatto sul territorio delle politiche per lo sviluppo sostenibile della produzione nazionale di idrocarburi”. Per il vicepresidente del Consiglio regionale, Giandiego Gatta (Forza Italia) “svendere bellezze paesaggistiche come le isole Tremiti alle compagnie multinazionali è un delitto di cui si sta macchiando tutto il centrosinistra e, in particolare, il Pd”. Dura anche la posizione del capogruppo alla Regione del Movimento Schittulli-Area Popolare, Giannicola De Leonardis. Che ricorda: “Appena 1.900 euro all’anno da versare per il via libera alla – improbabile – ricerca di idrocarburi in una delle oasi marine più incantevoli d’Italia (per citare solo le isole Tremiti), utilizzando peraltro una tecnica particolarmente invasiva”.

CON L’AIRGUN “DANNI E ALTERAZIONI A SPECIE MARINE” – Per fare cosa, infatti, la Petroceltic Italia pagherà allo Stato italiano 5,16 euro all’anno per chilometro quadrato? La premessa: sono dieci anni che la multinazionale irlandese cerca di ottenere il permesso di ricerca. Nelle Isole Tremiti ci fu una mobilitazione senza precedenti. L’1 luglio 2011, durante il suo tradizionale concerto estivo nelle isole, Lucio Dalla salì sul palco indossando una maglietta con lo slogan “no al petrolio in Adriatico”. Torniamo alla Petroceltic: l’istanza di ricerca per cui ha ottenuto l’ok è la d 494 B.R-. EL e riguarda un’area di 373 chilometri quadrati lungo la costa tra Vasto, Termoli e le Tremiti. A una distanza di 13,4 miglia marine dal litorale e dalle isole. I limiti sono rispettati, certo. Ma il progetto prevede la tecnica di energizzazione sismica tramite airgun. Un sistema ad aria compressa in grado di generare onde sismiche che individuano possibili giacimenti. La scorsa estate Goletta Verde, l’imbarcazione di Legambiente, lanciò l’allarme in Adriatico.  A luglio erano 52 le istanze di permesso di ricerca e di prospezione presentate. “Il fortissimo rumore provocato dalla tecnica dell’airgun– hanno sempre ricordato gli ambientalisti (studi scientifici alla mano)– può provocare danni e alterazioni comportamentali, talvolta letali, in specie marine assai diverse”. In particolare per i cetacei, che ne possono subire le conseguenze fino a chilometri di distanza. “In tutti i casi finora censiti – raccolti in un dossier da Legambiente – gli studi hanno accertato la connessione tra lo spiaggiamento e le ricerche petrolifere attraverso airgun attive nell’area. Senza calcolare i danni economici alle attività di pesca”. I lavori di indagine geologica e geofisica dovranno partire entro 12 mesi, a decorrere dal 22 dicembre scorso. Quelli di perforazione entro due anni.

LE ISTANZE DEI PETROLIERI PER MILIONI DI ETTARI – “Tutto l’Adriatico nelle mani esclusive dei petrolieri”. Il Coordinamento No OmbrinaTrivelle Zero Marche e Trivelle Zero Molise scattano una fotografia di quello che definiscono un Far west, ossia delle richieste delle compagnie per tutto l’Adriatico, dal Veneto alla Puglia. I dati sono tratti dal sito dell’Ufficio nazionale minerario per gli idrocarburi e le georisorse (Unmig) del ministero dello Sviluppo economico. Sono state considerate le istanze di permesso di ricerca, permesso di prospezione e concessione di coltivazione in tutto o in parte ricadenti oltre le 12 miglia. Tutto ciò si aggiunge ai titoli già vigenti. “In tutto ci sono ben 23 istanze dei petrolieri – spiegano i movimenti – che interessano praticamente tutto l’Adriatico, con milioni di ettari richiesti”. Tredici istanze di permesso di ricerca sono in dirittura d’arrivo, perché per nove il decreto finale del Mise è atteso a momenti e per altre quattro sta per essere emanato il decreto di compatibilità ambientale da parte dei ministeri dell’Ambiente e dei Beni Culturali. “Pochi mesi – spiegano i movimenti – e anche queste istanze saranno quindi definite. Più lungo l’iter che attende le altre 10, di cui sette istanze di permesso di ricerca e tre di concessione di coltivazione”.

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