Fu un saccheggio. Il Consorzio Unico di Bacino dei Rifiuti di Napoli e Caserta (Cub) depredò sull’emergenza spazzatura campana somme a sei zeri, dissipate tra consulenze gonfiate, assunzioni inutili, appalti spacchettati per eludere l’obbligo dei bandi pubblici e favorire le imprese degli amici. A condizione che tutti i beneficiati portassero consensi e sostegno ai candidati bipartisan di riferimento.

Nelle 84 pagine dell’avviso conclusa indagine della Procura di Santa Maria Capua Vetere si delineano i dettagli dello schema “incarichi in cambio di voti” che ha portato in sofferenza i conti dell’ente, senza risolvere il disastro ambientale sui territorio tra il Napoletano e il Casertano. Un disastro finito nel mirino anche della Dda di Napoli, che definì il Cub “un carrozzone, regno di collusione e malaffare”. Una mucca munta e spolpata per sfamare la voracità della politica, tramite un centro di comando in cui erano rappresentati centrosinistra e centrodestra senza dispiacere nessuno. Ne facevano parte gli ex vertici del Cub: l’ex direttore Antonio Scialdone, promosso dirigente da semplice dipendente, l’ex sindaco di Villa Literno ed ex consigliere regionale Pd Enrico Fabozzi, l’ex presidente del Cub Enrico Parente e un altro ex direttore del Cub, Giuseppe Venditto.

Una “associazione a delinquere” (lo asserisce il pm Antonella Cantiello) che avrebbe operato sino al 2012. Fece rumore la candidatura di Michela Pontillo, la moglie di Scialdone, nel centrodestra, lista Caldoro, alle regionali 2010: la Procura le perquisì il comitato elettorale poche ore dopo la chiusura dei seggi. Secondo un capo di imputazione il direttore del Cub distaccò quattro persone in un “ufficio di direzione” che ufficialmente avrebbe dovuto supportarlo nella gestione amministrativa dell’ente ma che di fatto era impegnato e pagato per fare la campagna elettorale alla signora Pontillo e alla sorella di Scialdone, candidata al consiglio comunale di Vitulazio (Caserta). Nell’inchiesta è coinvolto, con un ruolo minore, anche l’ex sottosegretario Pdl Nicola Cosentino.

Ed ecco alcune cifre dell’abbuffata, raccolte a caso qua e la e citate solo a mò di esempio, e intascate con “artifici e raggiri”, ovvero secondo il pm con fatture gonfiate su lavori incompiuti o non compiuti affatto: 33.000 euro per il diserbo di Valle di Maddaloni; 36.000 per il diserbo di Castel Campagnano; 45.000 per il diserbo di Castel Morrone; 681.000 euro di appalti a una ditta amica, la Edil Deco, “per lavori mai eseguiti” (scrive la Procura); 150.000 euro a Venditto per un incarico di dirigente fumoso “ed evidentemente fittizio”, 8392 euro di spese di rappresentanza prive di pezze d’appoggio e rendicontazione (in questo mare di sprechi, sembrano una goccia); quasi 11.000 euro per un non chiaro “evento a Vitulazio”; 358.000 euro a una società di vigilanza di cui era socia la moglie di Scialdone, con numeri degni della protezione della Banca d’Italia e non di un consorzio di provincia (mentre altre guardie in quantità, di un’altra società, venivano inviate a presidiare discariche chiuse, per una spesa di circa 260.000 euro).

Un altro filone riguarda le assunzioni – a raffica – e gli stipendi sontuosi, maturati grazie a retribuzioni ‘una tantum’ di migliaia di euro che andavano ad aggiungersi alla normale busta paga. C’era chi riusciva a superare in un mese i 10.000 euro. Lavorare al Cub fruttava. Ma bisognava ricordarsi di portare qualche voto in cambio.

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