Ombre, depistaggi e punti oscuri. Nell’omicidio del presidente della Regione Siciliana Piersanti Mattarella continuano a essercene tanti. Nonostante siano passati 36 anni da quel 6 gennaio 1980, non è stata ancora fatta piena luce su uno dei grandi delitti eccellenti della storia italiana. Ne è convinto il presidente del Senato Piero Grasso, che risponde così ai cronisti: “Killer senza nome? Io ho cercato la verità per tanti anni, sono stati condannati i mandanti ma è rimasta qualche ombra. C’è stato un depistaggio, è scritto nelle carte processuali e ci sono punti oscuri”. “Io non dispero sul fatto che la verità verrà fuori”, ha aggiunto al termine della cerimonia di commemorazione che come ogni anno si è tenuta a Palermo in via Libertà. Luogo dove andò in scena l’omicidio del presidente Dc morto tra le braccia del fratello Sergio, futuro capo dello Stato.

Di sicuro fu un omicidio di mafia. Ma forse non solo di mafia. Per chi ha voluto la sua fine, Piersanti Mattarella era “colpevole” di voler spezzare i legami tra il suo partito e la mafia; e di voler fare pulizia all’interno di quei centri di potere dove si annidavano gli interessi di boss, imprenditori, colletti bianchi e politici. Dopo 36 anni da quell’Epifania però il mistero più grande resta quello sull’esecutore materiale. Alcuni pezzi da novanta di Cosa nostra sono stati condannati come mandanti, tra cui il solito Totò Riina e Michele Greco, il “papa”. Chi sparò invece è ancora oggi un fantasma. Strano, se si pensa che nei delitti di mafia a saltar fuori per primi sono di solito i nomi dei killer.

Repubblica ha pubblicato il fotofit di un presunto sicario. Un documento rimasto per 36 anni nei faldoni dell’inchiesta e mai divulgato (alla stampa venne consegnato un altro identikit).  “Anni 22-24 circa, statura m.1,65, capelli castano chiari, bocca e naso regolari”. Questa la ricostruzione fotografica fatta dalla polizia a poche ore dall’omicidio, scrive Attilio Bolzoni, che venne fatta in due versioni: una con occhiali e una senza. Gli unici a salire sul banco degli imputati come presunti esecutori materiali furono i neofascisti Valerio Fioravanti e Gilberto Cavallini, che vennero però assolti. Ma per l’avvocato della famiglia Mattarella ci sono pochi dubbi: la destra eversiva ebbe un ruolo nell’omicidio decisivo: “Questo caso non può restare irrisolto si potrebbe tornare a indagare sui depistaggi per comprendere il coacervo di interessi fra mafia e ambienti della destra eversiva che probabilmente maturarono attorno alla morte di Piersanti Mattarella”.

Quello sull’identità del killer è solo uno dei misteri di quel 6 gennaio 1980. Repubblica, infatti, sostiene che molti testimoni che quella mattina si trovavano in via Libertà attorno alla Fiat 127 non vennero ascoltati. Non solo. Tra quel gruppo di curiosi c’era una figura molto particolare: il medico Giovanni Mercadante, attualmente in carcere per mafia, dopo una condanna definitiva a 10 anni e 8 mesi. Il quotidiano ricorda che Mercadante è stato medico di fiducia di Bernardo Provenzano. E nel 2001 è stato eletto deputato per Forza Italia alla Regione. Anche lui non venne interrogato.

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