“Sono ammalata di sclerosi multipla. La malattia è avanzata ed evolve rapidamente. Ho una condizione di medicalizzazione importante, che gestisco da sola con grosse difficoltà. Sono al limite e la sofferenza mi sta prostrando. Desidero informazioni dettagliate sul percorso da seguire per il suicidio assistito in Svizzera”.

Questo è uno solo dei messaggi inviati all’associazione Luca Coscioni e al radicale Marco Cappato, che se ne occupa personalmente e che qualche giorno fa, dopo aver costituito l’associazione Sos Eutanasia, si è autodenunciato presentando dichiarazioni spontanee in una caserma dei carabinieri rispetto alla morte di Dominique Velati, avvenuta il 15 dicembre in una clinica svizzera con il fondamentale apporto dei Radicali. L’obiettivo è rompere il muro di silenzio e l’ipocrisia della legge italiana che prevede fino a 12 anni di carcere per chi “aiuta” un suicida, senza considerare la dovuta differenza con chi decide di farla finita non riuscendo più a sostenere il dolore di una malattia incurabile.

Sono tantissimi i messaggi, le suppliche d’aiuto, ricevute dai Radicali. Non hanno bisogno di commenti, ne pubblichiamo una selezione:

Dopo tre anni di cure e quattro interventi, la progressione del mio tumore è forse ancora controllabile solo tornando a fare la chemioterapia pesante e relative iniezioni per mantenere i globuli bianchi a livelli accettabili. Tutto questo non lascia più la testa libera per vivere quel che resta in modo decente, né a me né alla mia famiglia. Possiamo parlare dell’eutanasia assistita in Svizzera?

Ho 77 anni, non posso camminare per una serie di patologie infiammatorie. Sono sola e sono stata operata di tumore un anno fa. Ho un’arteriopatia diffusa. Sono trattata con oppiacei perché non posso prendere antidolorifici a causa di una terapia ormonale. Voglio informazioni sulla Svizzera, ma tengo a precisare che ci voglio ancora pensare.

Mia madre è affetta da una malattia degenerativa, una forma di mielopatia. Non è ancora gravemente malata, ma è destinata a diventarlo (tetraplegica). Per questo mi ha chiesto di informarmi su cosa deve e può fare per manifestare la sua intenzione di ricorrere all’eutanasia nel caso sia ridotta all’invalidità totale e dove l’eutanasia può essere praticata.

Sono un medico e lavoro in una Rsa. Ho un paziente giovane affetto dalla sindrome di Von Hippel-Lindau, che ha recentemente perso l’uso di tutto il corpo. Respira autonomamente ma è tracheostomizzato. Adesso lo sto trattando anche con la cannabis ma ha un tipo di dolore difficile da tenere completamente sotto controllo. Al di là del problema del dolore, la qualità della vita è attualmente inesistente per cui avrebbe deciso per l’eutanasia. Per quanto mi riguarda, logicamente, non ci sono problemi ma non ho esperienza e vorrei dare al paziente il massimo delle informazioni possibili in modo che possa scegliere in piena autonomia. Ha espresso due possibilità: quella di recarsi in Svizzera, ma è molto preoccupato per il viaggio, e anche quella del rifiuto di essere nutrito. Per quest’ultima opzione le chiedo informazioni sia sulle metodiche palliative da effettuare sia sui problemi eventuali medico-legali.

Sono tetraplegica fin da quando, nel 1961, mi colpì la malattia dell’epoca, la poliomelite. Avevo dodici anni. Convivo tuttora con gli esiti della malattia, ma da qualche anno non sopporto più questa situazione di sofferenza fisica e morale.

Ho un tumore con metastasi. Desidererei fare l’eutanasia, ma non so dove rivolgermi e come fare, vi chiedo gentilmente se potete aiutarmi.

Ho 24 anni e sono affetto da una patologia neurologica molto grave (nevralgia del nervo pudendo) da ben tre anni, durante i quali ogni trattamento medico, compresi interventi in cliniche altamente specializzate all’estero, si sono rivelati inutili. La mia vita ormai è solo 24 ore su 24 di dolore neuropatico cronico nelle zone più intime della persona, bloccato a letto al causa del dolore che provo in piedi e, soprattutto, seduto. Gli antidolorifici più forti non hanno mai avuto un effetto apprezzabile e non voglio più stare in queste condizioni, a subire coltellate al mio corpo e, forse ancor più, alla mia anima. Sono stanco, esausto e non ho più speranze di uno straccio di vita. Vi scongiuro di aiutarmi a porre fine a questa inutile tortura.

Sono tetraplegico da cinque anni. Dopo numerose complicazioni cliniche il mio corpo è diventato una prigione che mi arreca sofferenze togliendomi autonomia. Necessito di assitenza continua. Sono stanco e non voglio continuare a vivere così. Ero un atleta abituato a una vita dinamica e il mio corpo era un perfetto strumento che ora mi sta imprigionando.

Ho subito tre infarti, numerosi interventi al cuore tra cui uno a cuore aperto. Ho un’infezione a causa di un catetere infettato che andrebbe rimosso con un intervento che non voglio fare perché pericoloso. Voglio andare in Svizzera.

Ho 56 anni e sono affetto da Sla bulbare. Anche il mio cervello si è stancato, vorrei morire dignitosamente come ho vissuto. Sono tracheostomizzato e ho l’incubo di morire soffocato. Aiutatemi.

È online il sito soseutanasia.it
Dopo il caso di Dominique Velati, morta in Svizzera il 15 dicembre, i Radicali e l’associazione Luca Coscioni hanno deciso di rendere più sistematica la loro azione di auito e supporto a chi decide di arrivare al suicidio assistito. È online il sito soseutanasia.it. Le procedure dipendono dal tipo di malattia e per ottenere il “semaforo verde” dalle cliniche svizzere il malato deve essere sottoposto a due visite mediche in due giorni diversi. Questo per verificare il livello della malattia, la capacità di intendere e volere e che sia davvero la volontà del malato quella di farla finita mediante eutanasia. L’eutanasia avviene attraverso la somministrazione di un farmaco, per via orale, che viene assunto autonomamente dallo stesso malato. Marco Cappato e i Radicali hanno presentato nel settembre 2013 una legge di iniziativa popolare in Parlamento: “Ma da allora non c’è stata mai la volontà di discutere di suicidio assistito neppure per un minuto in commissione”. Cappato si è autodenunciato rispetto al supporto fornito a Dominique Velati: “Se mi fermeranno dimostrò in tribunale l’inapplicabilità delle norme previste dal codice penale”.

da Il Fatto Quotidiano del 28 dicembre 2015

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