Milano rinasce, dall’architettura al design, passando per iniziative di quartiere e no profit che ambisce ad essere competitivo sul mercato. E se c’è un settore dove la grande abbuffata di Expo si è riversata, non poteva che essere quello della ristorazione. Con un’esposizione a tema cibo e nutrizione, chef stellati e cuochi da trattoria sono corsi ad aprire vecchi e nuovi ristoranti per un armamento culinario che ha visto ogni angolo di Milano riempirsi di tavole apparecchiate.

Il boom della ristorazione: in due anni 900 nuovi ristoranti
Cinquecento nuove imprese. Dati alla mano è questa la cifra del boom della ristorazione meneghina durante Expo. Da dicembre 2014 a settembre 2015, infatti, secondo la Camera di Commercio il settore (che comprende ristoranti, bar e catering) è passato da oltre 16.600 imprese a 17.135, per un aumento del 3%. Se si considerano solo i ristoranti l’incremento è stato del 5,5%, con 420 location in più in soli nove mesi. Ma i preparativi all’arrivo dei tanto attesi turisti di Expo erano avviati già nel 2014, quando il settore della ristorazione ha segnato sempre un +3% ovvero 475 aperture in più. Cifre più basse nel 2013, con la nascita di 333 location, mentre l’anno precedente ci sono stati solo 263 nuovi ristoranti.

Primi mesi di flop e cartelli “chiuso per ferie”
Le nuove aperture di Expo? C’è n’è per tutti i gusti. Carlo Cracco ha trasformato la sede dell’ex Convento dell’Annunziata, ad Abbiategrasso, in un ristorante della durata di un anno. È sbarcato a Milano l’ex sous chef di Bottura, il giapponese Yoji Tokuyoshi. I Tre Cristi dell’allievo di Gualtiero Marchesi, Paolo Lopriore hanno attirato la curiosità di molti mentre lo chef uruguayano Matias Perdomo ha abbandonato Al Pont de Ferr per fondare il suo Contraste. Non si contano, poi, i temporay restaurant e le aperture non stellate. “Sono attesi oltre 20 milioni di turisti”, devono avere pensato gli chef prima di aprire le oltre 400 nuove location. “Da qualche parte, espositori e visitatori dovranno pur mangiare”, sarà stata la filosofia. Peccato che quel luogo di ristorazione, per i primi mesi è stato proprio il sito espositivo di Rho. Sono iniziati, così, malumori nei ristoranti meneghini che avevano incrementato turni e personale. Quell’ossigeno che Expo doveva portare stentava ad arrivare. Battono cassa solo i locali della movida milanese, non i ristoranti del centro. Cambi di prograumma improvvisi, e ad agosto spuntano i cartelli “chiuso per ferie”. Si abbassano le saracinesche dello chef Claudio Sadler. Anche Trussardi e Cracco vanno in vacanza, solo per citare i più noti. “Da maggio a luglio i clienti sono diminuiti. Forse l’offerta degli oltre 200 ristoranti di Expo era invitante, forse i biglietti serali a 5 euro hanno incuriosito – spiega al fattoquotidiano.it lo chef Sadler – Sono stati mesi di grande tensione, eravamo decisamente preoccupati”.

Non solo ristoranti, +5% di agenzie viaggi e noleggio
La ristorazione, infatti, non è stato il primo settore a giovare della luce riflessa dell’Esposizione. Sempre secondo la Camera di Commercio, in testa alla classifica troviamo agenzie viaggi e di noleggio (+5,6%) seguite da sanità e assistenza sociale (+4,1%) e dal settore finanziario e assicurativo (+4%). Per arrivare alla voce che unisce il più turistico settore di attività di alloggio e ristorazione, si deve aspettare la quarta posizione dove si segnala un più basso +3,5%. Ma se fino ad agosto chef e ristoratori hanno preferito andare in vacanza piuttosto che dare da mangiare ai (pochi) clienti di Expo, da settembre le carte in tavola si sono ribaltate. Dopo l’estate c’è stato un boom di clienti”, continua lo chef Sadler. Il flusso si è spostato da Rho alle tavole cittadine e la movida milanese non è stata più solo di cocktail serali ma anche di cene e aperitivi. “Ho fatto una piccola indagine e ho sentito che quest’anno tutti i miei colleghi hanno lavorato di più; non parlo solo di ristoranti stellati ma di tutto il settore – racconta Claudio Sadler – Grazie a Expo la città è molto più viva, attiva, dinamica”. Sospiri di sollievo in cucina per un boom di turisti che a settembre ha toccato il record del +35%. Risultato, camere d’albergo occupate per il 90%. “L’Esposizione ha ringiovanito Milano – commenta al fattoquotidiano.it Paolo Marchi di Identità Golose – Sono state premiate qualità e nuove idee; penalizzati invece i ristoratori ‘vecchio stile’ che aspettavano i clienti due volte al giorno”.

Chef Oldani: “Che i nostri ristoranti diventino monumenti”
Ora, spento l’Albero della vita, inizia la vera sfida per Milano. Perché la riuscita di Expo, dipenderà anche da cosa succederà dal 1 novembre. E mentre secondo l’assessore comunale al Commercio Franco D’Alfonso l’Esposizione non è stata “una bolla” ma un evento capace di mettere “le premesse per una crescita duratura”, per l’ideatore della convention Identità Golose Paolo Marchi, Milano deve puntare su innovazione e cibo etico per arrivare ai livello di Londra e Parigi. “Fin tanto che c’era Expo facevamo i bravi parlando di lotta allo spreco. Ora che i padiglioni sono chiusi, gli chef non devono tornano in cucina a fare quello che facevano prima dell’Esposizione”. Cosa serve alla Milano multietnica per differenziarsi? “Ristoranti etnici di alta qualità – continua Marchi – non solo giapponesi, ma di tutte le nazionalità”.

Più che flusso dei clienti e nuovi ristoranti, infatti, è il brand di Milano che deve uscirne rafforzato. “Milano non è mai stata vista come città di turismo e storia mentre ora la gente ha scoperto questo suo nuovo volto. Una pubblicità che deve esserci utile nei prossimi anni”. D’accordo con il padre di Identità Golose anche lo chef stellato Andrea Berton. “Expo non ha portato i grandi benefici che si pensavano perché il pubblico era ai padiglioni di Rho, non per le via di Milano. Ma ha dato la possibilità di visitarci a quanti magari non sarebbe mai venuti in Lombardiaracconta l’allievo di Gualtiero Marchesi – Dovremmo pensare a tutte le persone che hanno visto Expo e capire come convincerli a tornare a Milano. E la ristorazione può essere un grande traino per il turismo”. Come ha detto lo chef Oldani, che “i nostri ristoranti diventino monumenti”. Affinché la grande abbuffata di Expo si sposti, dai padiglioni di Rho Fiera alle casse dei ristoranti italiani. Dove, a differenza che nel Padiglione Italia, una pizza Margherita non arriva a costare più di 10 euro.

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