Da dove arriviamo e dove andiamo. Nessun luogo come le stazioni ferroviarie racchiude il senso del nostro costante movimento intervallato da inevitabili soste, brevi o lunghe poco importa. In altre parole la stazione è metonimia del nostro percorso esistenziale. I fratelli Auguste e Louis Lumière, i padri fondatori del cinema, non a caso scelsero proprio una stazione quale soggetto/oggetto di uno dei loro più famosi film, L’Arrivée d’un train en gare de La Ciotat ovvero L’arrivo di un treno alla stazione La Ciotat.

Era il 1895, ed esattamente il 28 dicembre dello stesso anno i fratelli nativi di Lione tenevano nel Salon indien du Gran Café presso l’Hotel Scribe nel parigino Boulevard des Capucines il primo spettacolo a pagamento di proiezioni cinematografiche. Nasceva ufficialmente la Settima Arte, che oggi compie 120 anni. Anche se il corto girato a La Ciotat venne proiettato per la prima volta il 6 gennaio 1896 la data del 28 dicembre 1895 è comunemente celebrata quale data di nascita del cinema, dispositivo ottico/meccanico e arte del XX secolo par excellence.

Per un regista contemporaneo tornare a girare alla stazione de La Ciotat, situata non lontano da Marsiglia, assume più di un significato. A spiegarlo è Francesco Crispino, poliedrico cineasta romano, che si è (ri)trovato sulle orme dei Lumière. “La nostra civiltà è composta da un miscuglio di rovine e memoria, tornare nei luoghi originari significa farli rivivere in noi e attraverso il ricordo che essi generano in noi”.

Il cortometraggio di Crispino, studioso di cinema da sempre attento al valore simbolico dei luoghi, s’intitola Retour à La Ciotat, dura 9’ ed è qui presentato per la prima volta in assoluto. Girato digitalmente con un attento lavoro sonoro e virato in b/n, può considerarsi una sorta di “remake” omaggio a L’Arrivée – prototipo del film documentario – con l’importante riflessione sulla Memoria di un luogo “iniziale ed iniziatico”.

I personaggi, comuni viandanti che vivono delle attese temporanee tipiche di una stazione ferroviaria, sono inconsapevoli della presenza di una camera che vigila su di loro, dando quell’unicità iconografica in movimento che solo il cinema è riuscito a proporre. Purtroppo a La Ciotat la memoria di Auguste e Louis permane solo in due gigantografie appese alla facciata della stazione, davvero troppo poco in una primaria ed archetipica location cinematografica di tale portata. “Sarebbe auspicabile una valorizzazione di quel luogo che in fondo appartiene a tutti noi, essendo le nostre cultura, società ed in sintesi identità radicalmente cambiate grazie e a causa dell’invenzione del cinematografo”. Il cineasta immagina un’installazione dedicata ai Lumière o una “saletta museo” ove il corto ivi girato sia costantemente proiettato. Perché “in fondo abitiamo luoghi già abitati da fantasmi”.

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