danzatrici

Il Collegio dei Giudici del Tribunale di Roma ha revocato l’allontanamento dalla madre della giovane ferrarese che studia danza classica. Ne avevo scritto a novembre. La dottoressa Mangano, presidente del collegio giudicante, sabato scorso, ha finalmente messo la parola fine a una vicenda che stava diventando drammatica e paradossale perché questa ragazzaquattordicenne ha dovuto combattere per mesi contro un provvedimento del tribunale di Roma che a luglio, al termine di una CTU, le imponeva di risiedere in una casa-famiglia nella capitale, dove vive il padre.

A Ferrara dopo il  provvedimento di allontanamento, era nato spontaneamente il gruppo “Amici della giovane promessa ferrarese della danza” per protestare contro una decisione che aveva dato inizio ad un braccio di ferro tra il tribunale e la determinazione di una adolescente che ha tenuto duro senza mai smentire il suo desiderio di danzare un domani alla Scala.

La ragazza ha vissuto giorni di angoscia, si è opposta alla tutrice che su incarico del tribunale doveva convincerla a trasferirsi a Roma. Ha sostenuto quattro ore di colloquio in questura dove ha chiesto di essere ascoltata dal giudice. Ha domandato a quegli uomini in divisa se fossero stati capaci di portarla a forza su un’auto per condurla nella capitale contro la sua volontà (una sorta di arresto di una ballerina rea di voler andare alla Scala?). Quando finalmente è stata ascoltata in tribunale ha convinto i giudici che quel provvedimento doveva essere revocato ed ha detto che  le danzatrici sono come gli uccelli, hanno bisogno di volare.

L’ allontanamento dalla madre era scaturito in seguito alla perizia del CTU, fatta da un neuropsichiatra infantile che non aveva riscontrato alcuna patologia nei membri della famiglia, ma aveva concluso che il legame tra madre e figlia fosse “simbiotico”.  Una perizia che, nell’esito finale, è sempre stata contestata vivacemente dalla dottoressa Marica Malagutti  consulente della madre che ha criticato lo scollamento della perizia tra l’analisi della situazione e la conclusione: Quando esiste un  legame simbiotico la risposta dell’ allontanamento è del tutto inadeguata perché contribuisce a rafforzare il legame e non a spezzarlo pertanto in quei casi è meglio agevolare l’inserimento tra il genitore e il figlio di  altre figure di riferimento (familiari, educatori ecc. ecc.), ma a mio avviso  in questa situazione non c’era legame simbiotico. Il tipo di attaccamento che esiste a tre anni tra la bambina e la madre può riproporsi nell’età dell’adolescenza, verso i 15 anni, ma si tratta solo della conclusione del processo di identificazione.

I provvedimenti di allontanamento di minori dovrebbero essere la scelta estrema nei casi di abuso, abbandono o violenza familiare ma sempre più spesso sono decisi indiscriminatamente. E’ accaduto che ci siano stati allontanamenti per conflitti familiari o peggio che siano avvenuti trasferimenti di bambini e bambine nelle Case Famiglia ri-vittimizzando madri che avevano denunciato maltrattamenti o persino che siano stati decisi contro genitori capaci e adeguati, ma economicamente disagiati. Disposizioni che hanno creato disperazione e dolore invece di aiutare a risolvere, nel migliore dei modi, situazioni problematiche. Casi che manifestano la pericolosissima deriva di un autoritarismo istituzionale che sfocia in abusi di potere.

Ma per fortuna questa volta in quell’aula di tribunale è stata fatta la scelta giusta: quella di ascoltare.

@Nadiesdaa

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