Donne

Donne, la ricerca Usa: “Visita ginecologica annuale? Rituale, non pratica di prevenzione”. L’esperto: “No, è fondamentale”

I dubbi sulla reale necessità della tradizionale visita ginecologica sono finiti nero su bianco in uno studio pubblicato negli Annals of Internal Medicine

di Davide Turrini

L’esame pelvico annuale per le donne? Fa più male che bene. I dubbi sulla reale necessità della tradizionale visita ginecologica sono finiti nero su bianco in uno studio pubblicato negli Annals of Internal Medicine. Le conclusioni, secondo il sito web Slate.com, portano ad affermare che non vi sia alcuna giustificazione scientifica che stabilisca una cadenza annuale per una delle più antiche prescrizioni mediche nella salute della donna. Dopo aver setacciato quasi 70 anni di risultati ottenuti con l’esame pelvico, condotti tra il 1946 e il 2014, i ricercatori non hanno trovato alcuna prova che questi portino ad una riduzione della “frequenza percentuale dell’incidenza di una malattia nell’area pelvica o della mortalità tra le donne”. Alla luce dei risultati di questo studio, l’American College of Physicians, un’organizzazione nazionale statunitense di internisti, ha realizzato una nuova serie di linee guida mediche segnalando addirittura che gli esami condotti su donne altrimenti asintomatiche possono far insorgere nelle pazienti “inutili preoccupazioni come ansia, disagio, dolore e imbarazzo, soprattutto nelle donne che hanno una storia di abuso sessuale alle spalle”.

Il classico rito che ogni ragazza diventata adulta comincia a mettere in agenda annualmente potrebbe non essere più necessario. “Nel 2010, i medici hanno effettuato quasi 63 milioni di esami pelvici, di routine, sulle donne in tutta l’America. Visite ginecologiche che costano al sistema sanitario statunitense oltre due miliardi e mezzo di dollari all’anno”, spiega Slate.com sottolineando persino il possibile risparmio rispetto ad uno spreco sanitario sistematizzato. In un editoriale pubblicato sempre sugli Annals of Internal Medicine, i medici internisti George Sawaya e Vanessa Jacoby dell’Università della California-San Francisco, hanno concluso che l’esame pelvico è “diventato quasi più un rituale che una pratica basata sull’evidenza scientifica”. Sawaya spiega inoltre che la routine dell’esame pelvico “è una tale pietra miliare della ginecologia tanto che è difficile rintracciarne le sue origini nel tempo”, quindi i suoi iniziali presupposti di prevenzione.

“Continuiamo a sollecitare le donne a farsi visitare annualmente”, ha spiegato John C. Jennings, presidente dell’ACOG, l’American College di Ostetricia e Ginecologia, non dando credito al rapporto della quasi centenaria rivista dei medici americani. “Una visita annuale a una donna sana può aiutare i medici a promuovere stili di vita sani e continua ad essere uno strumento utile per indagare su patologie come l’incontinenza e la disfunzione sessuale”. Anche se il nuovo rapporto di Annals sembra sottolineare un aspetto voyeuristico e morboso della pratica ginecologica che richiama le sequenze di Inseparabili di David Cronenberg. Tutto quel trambusto attorno al lettino con le staffe su cui bloccare le gambe della paziente, il metallo freddo dello speculum inserito nella vagina, poi gradualmente allargato grazie ad una rotella; e ancora a speculum rimosso le dita del medico che vanno ad esplorare gli organi interni, talvolta anche il retto, sono atti che provocherebbero l’insorgere di alcune patologie psicologiche legate alla paura e alla vergogna provata dalla paziente in quei minuti.

E’ stato infatti rilevato che soprattutto donne che hanno subito abusi sessuali patiscono oltremisura ansia e dolore durante l’esame, tanto da farle scoraggiare ed allontanare da future visite, magari quando i sintomi potrebbero diventano davvero problematici e intensificati. L’esame pelvico è solo l’ultimo rito per la salute della donne negli Stati Uniti ad essere riesaminate alla luce di nuove ricerche statistiche e medico-scientifiche. Nel 2012 United States Preventive Services Task Force e l’American Cancer Society avevano pubblicato nuove raccomandazioni sui pap test suggerendone la possibile calendarizzazione obbligatoria non più ogni dodici mesi, ma ogni tre anni.

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