Più che “è nata una stella”, una stella non tramonta mai. Quentin Tarantino è da poche ore parte della celebre Walk of Fame di Hollywood, con tanto di placca ufficiale incastonata sull’Hollywood Boulevard all’altezza del Chinese Theatre. “Questo è un giorno meraviglioso per un ragazzino di Knoxsville, Tennessee”, ha spiegato Samuel L. Jackson nel presentare l’amico Quentin, 52 anni, nove film girati dal 1992, tutti memorabili, se non per quel Grindhouse (2007) che poteva perfino costargli l’intera carriera. “La prima volta che venni qui era il 1970 avevo sette anni ed ero con mia mamma in fila per vedere Butch Cassidy and the Sundance Kid. Poi nel 1971 sempre qui mi misi in fila lunghissima per vedere il mio primo film di James Bond, Diamonds are forever, ma quando arrivai rimasi fermo in attesa per un po’ prima di entrare proprio qui nel punto in cui è stata posizionata la mia ‘stella’ ”, ha raccontato Tarantino in giacchetta jeans, scarpe da tennis, e qualche sfregatina di naso sulla manica. Chiaro, George Roy Hill e Guy Hamilton, i registi dei due film, non devono essergli rimasti particolarmente impressi. Lui che forse è l’unico cineasta hollywoodiano della sua generazione ad aver, più o meno volontariamente, rimarcato la necessità di stare dentro al sistema, al business, mantenendo i tratti dell’ “auteur”.

Poi certo è da un po’ di tempo che le top ten di Quentin non prevedono più A bout de souffle e Band à part (e la A Band Apart, casa di produzione di Tarantino e soci che ha prodotto fino al 2009 film di Eli Roth, Robert Rodriguez e lo stesso Quentin, ha chiuso ndr), ma il nostro ha sempre mantenuto una vera indipendenza creativa, continuando per la strada lastricata comunque d’oro dei suoi sogni di cinefilo diventati realtà grazie alle fiducia di Bob e Harvey Weinstein che in lui hanno creduto fin da Le Iene. Interessante il riepilogo di Variety uscito in questi giorni con tutti i ricavi al box office dei titoli di Tarantino/Weinstein. Fino a quando i due produttori erano Miramax, 2004, hanno portato al top Pulp Fiction (palma d’oro a Cannes nel 1994) con 214 milioni di dollari d’incasso, Kill Bill volume 1 con 181, Kill Bill 2 con 152, poi il flop del monumentale Jackie Brown (solo 39 milioni e 600mila dollari) e nemmeno tre milioni per lo stracult d’esordio Le Iene. Da quando i Weinstein hanno rilanciato come Weinstein Company (2005) si sono portati dietro Tarantino e l’hanno accompagnato al suo maggior successo commerciale: 425 milioni per Django, poi 322 per Bastardi senza gloria, fanalino di coda i 25 milioni di dollari di Grindhouse.

In attesa del nono film The Hateful Eight, il 25 dicembre 2015 solo in 70 mm in 100 sale americane e canadesi, poi in digitale in tutti gli Stati Uniti dal 1 gennaio 2016 e in Italia solo il 4 febbraio, rimane forte l’eco molto pulp della recente polemica contro i metodi brutali della polizia statunitense. Durante le marce di RiseUpOctober di un mese e mezzo fa a New York Tarantino mentre camminava tra gli attivisti si era avventurato in un’affermazione sibillina poi travisata nella sintesi frettolosa da qualche titolista. “Io sono un essere umano con una coscienza”, disse il 24 ottobre dal palco newyorchese della protesta. “ Quando vedo un omicidio non posso stare zitto. Devo chiamare vittima la vittima e assassino l’assassino”. Apriti cielo ogni sindacato e dipartimento di polizia ha dichiarato guerra a Tarantino, anzi a The Hateful Eight, boicottandone la prossima uscita. Il regista, vincitore di due Oscar nel 1995 e nel 2013 come miglior sceneggiatura originale con Pulp Fiction e Django Unchained, non si è scusato e ha rincarato la dose proprio poche ore prima la posa della stella della Walk Of Fame: “Non ho mai detto che tutti i poliziotti sono assassini, ma stavo parlando di casi molto specifici”. Come quello dell’adolescente nero Laquan McDonald, ucciso da un’agente della polizia di Chicago nel 2014, uno dei casi mostrati durante il corteo dell’ottobre scorso. Il 7 dicembre 2015 è poi sbucato un filmato in cui si vedeva l’intenzionalità dello sparatore verso il ragazzo inerme: “Sì, il ragazzo che ha sparato è una mela marcia. Ma lo sono anche gli altri otto o nove o poliziotti che erano lì e che non hanno detto o fatto nulla, lasciando che la bugia si protraesse per un anno intero. Qui stiamo parlando di razzismo istituzionale”.

Così per il golden boy della cinefilia bulimica e spettacolare l’impegno etico e liberal gli porta una nuova sfida: il boicottaggio della polizia statunitense, da New York a Los Angeles, da Philadelphia  Chicago. Mai successo nella carriera di Quentin. Mai successo per nessuna star di Hollywood, se non per qualche progressista cocciuto e recidivo alla Sean Penn o Martin Sheen. Tarantino sfiderà non solo Star Wars The Force Awakens con il suo The Hateful Eight ma il buon senso e la civiltà di un America in perenne oscillazione tra uso abituale della forza e paventata demilitarizzazione. Quel mondo fantastico di cowboy e gangster, di pupe ed eroine, di duelli e trielli, di scalpi staccati e iniezioni di adrenalina al cuore, il magico cinema di Tarantino continua a stupire e sorprendere. Più antisistema di uno dentro al sistema come Tarantino dove lo troviamo?

 

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