La Corte d’Assise di Bergamo ha impiegato 24 ore per vagliare e respingere la richiesta di scarcerazione a favore degli arresti domiciliari avanzata lunedì dalla difesa di Massimo Bossetti. “Mandatelo ai domiciliari, se serve con il braccialetto elettronico” aveva chiesto l’avvocato Paolo Camporini, per il quale non c’è pericolo di fuga né di reiterazione del reato e tantomeno di inquinamento delle prove: ma per la Corte, presieduta dal giudice Antonella Bertoja, le condizioni per la scarcerazione non ci sono, anzi è proprio il pericolo di reiterazione del reato a scongiurare l’ipotesi degli arresti domiciliari.

Alla richiesta la sostituta Letizia Ruggeri si era opposta, tenendo conto anche delle precedenti decisioni della Cassazione. L’avvocato della famiglia Gambirasio, Enrico Pelillo, si era invece detto “sconvolto” dalle parole usate dai legali di Bossetti per chiedere i domiciliari. Non è la prima volta che la difesa avanza l’istanza di scarcerazione e non è la prima volta che viene respinta: da quando si trova in carcere, e cioè dal 16 giugno 2014, è la nona richiesta presentata e negata. Il primo no risale allo scorso 11 settembre, quando il gip di Bergamo Ezia Maccora dichiarò la richiesta inammissibile per un vizio di procedura. A ottobre il secondo tentativo, stavolta al tribunale del Riesame di Brescia che ancora una volta confermò la misura cautelare nei confronti di Bossetti. A questi seguirono le istanze avanzate a febbraio e a luglio 2015, fino all’ultimo no pronunciato dai giudici il 22 dicembre.

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