Il 23 luglio 2014 sono stati inaugurati i 62 chilometri di Brebemi, l’autostrada direttissima Milano Brescia: secondo il premier, Matteo Renzi, che allora si precipitò nel bresciano per l’inaugurazione, “un fiore all’occhiello del sistema Italia”. Ancora oggi, però, si attende il saldo di tutti i conti.
È di 124 milioni di euro, infatti, il valore delle cosiddette garanzie che il consorzio Bbm (chi ha realizzato l’opera) dovrà attendere che vengano svincolate e a sua volta restituire a tutti i subappaltatori, ma solo quando i collaudi saranno definitivamente completati. Perché un’autostrada che da un anno e mezzo già vede migliaia di veicoli transitare al giorno, ma con dati molto inferiori alle attese, ancora deve avere un bollino definitivo di congruità. Per fortuna stiamo parlando di un tipo di collaudo non tecnico ma “amministrativo”. Ponti, viadotti, gallerie e carreggiate, sono tutte in regola e perfettamente funzionanti, quel che è da verificare è la totale regolarità delle scartoffie e della burocrazia che anni di lavoro hanno generato.

“In Italia purtroppo i tempi sono questi; sembra strano ma è normale vedere tutte le faccende riguardanti una grande opera pubblica concludersi nei due anni successivi il termine dei lavori” sostiene l’ingegner Sabino Del Balzo, il responsabile unico del procedimento per chi la Brebemi l’ha praticamente realizzata, ovvero il consorzio emiliano costituito dalle imprese Pizzarotti, Consorzio Cooperative Costruzioni e Unieco. “Una volta completati i collaudi amministrativi – prosegue Del Balzo – Brebemi, a seguito di emissione di regolare fattura, aprirà le casse e tutti i costruttori avranno ciò che spetta loro”.

Quindi tutto è a posto stando ai tecnici Bbm. Ma non lo si vada a dire a quei subappaltatori, a rischio di asfissia finanziaria, che a 20 mesi dalla fine dei lavori ancora si vedono le garanzie bloccate. Si tratta di loro soldi accantonati a inizio lavori in forma di fideiussioni o stornati sul costo finale (mediamente il 20 per cento) che solo a collaudi ultimati verranno restituiti, così come stabilito dal Testo unico degli appalti. Il committente, in questo modo, si garantisce sulla corretta esecuzione dell’opera ed evita cattive sorprese. Una croce che per il momento continua a rimanere sulle spalle delle sole imprese impegnate in cantiere e su Bbm, che pare stia pensando a piani particolareggiati di rientro, concordati con le singole aziende.

Le trattative quindi sono aperte, ma nessuno se la sente di anticipare nulla alla stampa, anche se la vicenda è confermata oltre che dallo stesso Del Balzo, da Legambiente Lombardia che cita un’altra categoria di creditori arrabbiati: gli agricoltori. “A noi risulta che sia di 50 milioni di euro il valore degli espropri che ancora devono essere liquidati” dice Dario Ballotta, responsabile del settore trasporti per Legambiente, che aggiunge: “Se inquadriamo Berbemi da un punto di vista finanziario, stiamo parlando di un’opera che alla fine ha visto i suoi costi triplicare, passando da una stima iniziale di 800 milioni a un impegno finale effettivo di 2,4 miliardi. Per quale fine? Un’autostrada che ha consumato quasi mille ettari di suolo e dall’utilità, per noi, tutta da dimostrare”.

Sono 40mila le auto che passano nei giorni feriali per l’E45, un’opera che ci si vanta di aver realizzato con soldi privati. In realtà, a un certo punto, c’è stato bisogno di un riequilibrio del Piano economico finanziario, un soccorso arrivato dalla finanza pubblica. Fatto sostanziato con due leggi: quella di Stabilità del 2015, che ha stanziato 20 milioni l’anno per dieci anni, e una di Regione Lombardia del medesimo importo per tre anni. Tra una cosa e l’altra Brebemi s’è portata a casa circa 320 milioni di euro “ma a fronte di 600 che sono stati spesi in lavori sulla viabilità ordinaria“.

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