“Gli chiesi circa 40 euro per un rapporto orale e lui me ne offrì 20. Io accettai”. È agghiacciante il racconto del ragazzo minorenne abusato dal sacerdote della Piana di Gioia Tauro arrestato venerdì 18 dicembre dalla squadra mobile di Reggio Calabria che, durante la perquisizione nella canonica del religioso, ha sequestrato numerosi file con immagini e video pedopornografici, 16 grammi di marijuana, lubrificanti, un vibratore, manette, cerotti afrodisiaci. Ma anche uno strumento per l’aumento delle dimensioni del pene.

Dall’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip su richiesta della Procura di Reggio Calabria sono spuntati particolari che rischiano di provocare un terremoto nella diocesi di Oppido Mamertina-Palmi. Emerge, ad esempio, che il vescovo Francesco Milito sapeva del comportamento del suo sacerdote del quale non pubblichiamo in nome per rispetto del vittime degli abusi tra le quali ci sono anche figli di soggetti legati alla ‘ndrangheta della Piana di Gioia Tauro.

Da tempo il prete sapeva di essere indagato ma non “si è fermato – scrive il gip – quando le voci sui suoi comportamenti omosessuali sono arrivate fino al suo vescovo. Persino il fatto di essere stato controllato per tre volte in circostanze equivoche con minorenni non ha avuto alcun concreto effetto deterrente”. Pesantissimi i riferimenti che il giudice per le indagini preliminari fa sulla consapevolezza del vescovo: “Neppure sarebbe tranquillizzante – è scritto nell’ordinanza di custodia cautelare in carcere – che il suo superiore gerarchico, l’attuale vescovo di Oppido Mamertina, individuasse altra collocazione, perché, per quanto fin qui emerso, l’Alto prelato (pur al corrente delle voci che circolavano sul conto del prete attraverso le informazioni ricevute da due parrocchiane le quali in precedenza avevano compiti di responsabilità presso la stessa parrocchia e persino della perquisizione domiciliare e del sequestro eseguito a carico dell’indagato) non ha adottato provvedimento cautelativi né di minima verifica delle accuse rivolte all’indagato (il quale già nel 2010 aveva presentato una lettera di dimissioni), assumendo atteggiamenti particolarmente prudenti e conservativi dello status quo, dando pieno credito alla versione negatoria dello stesso accusato, in attesa dello sviluppo delle indagini penali”.

Vescovo e prete si sentivano e discutevano dell’inchiesta. “Ma dalle conversazioni intercettate – scrive sempre il gip – emergerebbe anche il comportamento assunto dal vescovo della Diocesi di Oppido Mamertina-Palmi, monsignor Francesco Milito, che, consigliava al sacerdote ‘di evitare di parlare con i carabinieri di queste cose e, in generale, con nessun appartenente alle forze dell’ordine, poiché questi non si limitano a parlare amichevolmente come stanno facendo loro, ma potrebbero redigere un promemoria che potrebbe far degenerare le cose’”.

Le suore chiacchierano e le voci si fanno sempre più insistenti. Il prete si confida sempre con il vescovo che, a sua volta, lo rassicura: “Lascia perdere questo perché non… la cosa gravissima non è, è questo pettegolume di suore. Tu piomba subito e glielo puoi dire, io mi sono incontrato col Vescovo, il vescovo ci è rimasto proprio… (incomprensibile)”. E intanto, su Facebook è stata creata una pagina per difendere il prete arrestato per aver abusato dei minori. Una pagina che ha già 45 iscritti.

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