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Come anticipato nell’articolo di ieri ho intervistato qualche giorno fa Maria Grazia Gabrielli, segretaria generale Filcams Cgil nazionale. Argomento: le motivazioni che portano al secondo sciopero, in poco più di un mese, dei dipendenti della grande distribuzione (da Coin a Pam, passando per Coop, La rinascente, Ikea, Carrefour, Decathlon…).

Le mie prime due domande gravitano intorno all’interruzione della trattativa per il rinnovo del CCNL commercio con Federdistribuzione, Confesercenti e Distribuzione Cooperativa.

Quali i fattori determinanti? E su cosa non era più possibile trattare? 

Nel caso della distribuzione cooperativa, la richiesta ha come obiettivo una revisione dei trattamenti economici e normativi ad oggi presenti nel loro contratto per essere competitivi nel mercato, avendo storicamente un CCNL che ha costi superiori ad altri. Federdistribuzione, pone il problema di determinare anche una risposta salariale, ma chiede di contro un intervento sulla parte normativa e quindi intervento sugli scatti di anzianità, sui permessi e propone di eliminare l’incidenza del Tfr può sviluppare una proposta sul salario. Però comunque non potrebbero assolutamente essere quegli 85 euro lordi al quarto livello, che siamo riusciti a determinare sull’unico contratto a oggi rinnovato che è quello con Confcommercio. Quindi pur facendo richieste ognuno specifiche, tra le associazioni, il filo conduttore con cui ci siamo dovuti confrontare in questi ventidue mesi, è che il CCNL può essere rinnovato solo sulla base di arretramenti rispetto alle condizioni esistenti. E sulla base di queste precondizioni, la trattativa era già in qualche modo preclusa, perché diventava complicato per noi affrontare quei temi, nella misura in cui venivano chiesti, determinando così l’interruzione del dialogo.

7 novembre, 19 dicembre. Cosa non è accaduto al tavolo delle trattative?

Lo sciopero del 7 novembre, aveva l’obiettivo di lanciare un messaggio chiaro, che crediamo sia arrivato, ma che non ci ha portato un segnale sufficiente di apertura per dire che la trattativa si poteva riprendere. Il messaggio che ci è arrivato è che resta da parte loro la disponibilità e l’interesse e l’obiettivo di fare un contratto, ma nel merito delle loro posizioni nulla cambia rispetto a quello che c’era sul tavolo prima del 7 di novembre. Da qui la scelta di riconfermare, purtroppo, lo sciopero del 19 dicembre. Siamo consapevoli che un contratto si fa anche costruendo una mediazione, ma non alle condizioni che hanno a oggi riconfermato. Ci aspettiamo quindi una distensione da parte delle associazioni datoriali per riprendere la trattativa.

Restare senza CCNL, cosa rappresenta nell’immediato per i lavoratori?

Intanto il congelamento salariale. Lo stipendio fermo al 2013. Poi, mette in discussione un adeguamento alle condizioni che cambiano, e il mantenimento o il miglioramento potenziale di alcune condizioni normative; penso alle questioni legate al mercato del lavoro, congedi, conciliazione di tempi di vita/lavoro.. La possibile deriva? Le aziende potrebbero iniziare a decidere di fare da sole, diversificare le condizioni all’interno del mercato,decidere come regolare individualmente i rapporti, deregolamentando un punto di equilibrio comune che fino a oggi ha rappresentato un collante nella gestione di un intero settore.

Sulla scelta di concentrare a Milano (città dove Federdistribuzione ha sede legale) lo sciopero di domani, il motivo è prettamente mediatico, sperando di fare il più rumore possibile e quindi attirare l’attenzione a livello nazionale. E poi le ripercussioni a livello aziendale avvenute tra i due scioperi, la controinformazione che c’è stata e che è stata più forte, e subdola del solito. Le aziende ci hanno provato in tutti i modi, a confondere, insinuare, sminuire. Come sempre, ma oggi più che mai. E se lo fanno il motivo è facile da immaginare, soprattutto perchè mancante di una linea comune; in grande “stile” qualcuna ha anche ringraziato tramite mail in bacheca, quei dipendenti che hanno “scelto” di non scioperare. Un applauso alla meschinità, dico io. “Ci vediamo a Milano!” io e Maria Grazia ci siamo salutate così. E così chiudo adesso.

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