La sera prima del processo, nella stanza di Maria Elena Boschi a Palazzo Chigi, si respira il classico sapore della vigilia: ansia per quello che accadrà. Non tanto per i numeri, quelli – almeno a Montecitorio – non preoccupano nessuno.

Quanto per lo show che sta per cominciare. Per il rischio che diventi virale il video dell’intervento di Alessandro Di Battista con cui i Cinque Stelle si preparano a inondare i social network. Per il timore che possa prendere la parola una come Nunzia De Girolamo. Perché ancora non si sa chi, per conto del Pd, sarà incaricato della difesa del ministro più in vista del governo Renzi. Solo in fondo, in Maria Elena Boschi, ogni tanto fa capolino il sollievo perché, in ogni modo, questa storia oggi finisce.

Già perché più passano le ore e più a Palazzo Chigi si convincono che il passaggio al Senato non è per nulla scontato. Mai – i controlli sono stati approfonditi – si è verificato il caso in cui una mozione di sfiducia individuale venisse votata da entrambi i rami del Parlamento. Il doppio processo, la Boschi, lo eviterebbe volentieri. E ieri, lo spettacolo di Palazzo Madama (tre volte senza numero legale) non ha dato elementi a sostegno della tesi per cui sarebbe meglio sfidare anche il Senato, per levarsi il dente una volta per tutte.

Non è aria di salti nel buio. E lo dimostra il fatto che ieri, alle 10 di sera, il Pd (ovvero Renzi) non aveva ancora deciso a chi affidare il discorso in difesa di Maria Elena in Aula. Chi, insieme al capogruppo Ettore Rosato che farà la dichiarazione di voto, occuperà quei 43 minuti della seduta riservati al partito del ministro.

I Cinque Stelle, dicevamo, hanno deciso di schierare il loro cavallo di razza. Mentre il capogruppo Davide Crippa dovrà illustrare la mozione di sfiducia, Di Battista prepara il discorso più politico.

Venti minuti in tutto, che a Palazzo Chigi già immaginano spammati in Rete. Sarà un intervento duro, raccontano, che prenderà di mira il governo, il giglio magico e il suo “comitato d’affari”, le incoerenze della minoranza Pd e pure i diversi atteggiamenti tenuti nei casi degli ex ministri Lupi e Cancellieri. Non attaccherà la famiglia Boschi.

Ma Maria Elena sì, perché “non basta alzare il mento per essere autorevoli”: “Qual è la sua storia? – sarà il senso del discorso – Se anche dovesse fare un passo indietro, dove tornerebbe? In qualche cda dove l’ha nominata Renzi?”. Sinistra Italiana, al contrario, pur pronta a sfiduciare la Boschi, non la butterà sul personale. Rimprovererà il ministro per non essere venuta in Aula a riferire prima, ma poi Giovanni Paglia e il capogruppo Arturo Scotto più che altro attaccheranno il governo che non ha ancora varato una legge sul conflitto di interessi.

A destra, la scelta è di tutt’altro tenore. Forza Italia ha deciso di non partecipare al voto, proprio perché contraria a una sfiducia che è individuale e non rivolta all’intero governo. I falchi, per la verità, avevano pensato che la cosa migliore da fare sarebbe stata dare uno schiaffo morale alla Boschi facendo parlare in Aula Nunzia De Girolamo che, dal governo Letta, fu costretta a dimettersi. Ma la linea non è passata.

Alla Boschi verrà risparmiata almeno questa. Qualcuno, in compenso, le farà certamente notare che ieri Libero è tornato sul mistero della sua partecipazione ai consigli dei ministri in cui si è discusso delle questioni legate al salva-banche.

Secondo il quotidiano diretto da Maurizio Belpietro, la Boschi sarebbe stata a Palazzo Chigi in una riunione del 10 settembre. Lei sembra intenzionata a non replicare sul punto. Si atterrà alla mozione. D’altronde, fanno sapere, non è mica un question time. È solo un processo.

da Il Fatto Quotidiano del 18 dicembre 2015

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