La sua vecchia spilla fascista con il fascio littorio appuntata sulla giacca dell’abito gessato, l’anello con stemma nobiliare all’anulare destro e gli occhiali nel taschino. E’ questo l’abito funebre di Licio Gelli, l’ex gran maestro della loggia Propaganda 2, morto martedì 15 dicembre all’età di 96 anni a villa Wanda. La camera ardente dell’uomo che è stato al centro dei più grandi misteri della storia repubblicana è stata allestita alla chiesa della Misericordia, in centro ad Arezzo, dove però si sono presentate poche persone. “Ieri sera si è spento, nella pace del Signore, all’età di 96 anni N.H Conte Licio Gelli”, è scritto nel manifesto funebre. I funerali si svolgeranno giovedì 17 dicembre alle 15 a Pistoia, sua città natale. Il “Venerabile” sarà tumulato nella cappella di famiglia nel cimitero monumentale della Misericordia di Pistoia, dove già riposa la prima moglie, Wanda. La scelta di portare nella bara un simbolo del regime di Benito Mussolini, che lo vide poco più che ventenne nel ruolo di ispettore del partito nazionale fascista, suona come una convinta rivendicazione del suo passato. “Sono fascista e morirò fascista”, disse nel 2008 Gelli, in una delle ultime dichiarazioni pubbliche durante un programma tv dal titolo “Venerabile Italia”. Dentro la camera ardente solo i familiari e qualche conoscente. Dopo qualche attimo di tensione con un fotografo, l’accesso è stato vietato ai giornalisti. Oltre al personale della Misericordia, a vigilare ci sono anche gli uomini di un’agenzia di security, che hanno letteralmente ‘scortato’ il figlio Raffaello e il nipote Alessandro quando sono usciti per andare in un bar vicino.

Fioroni: “Si porta via molti segreti”
“Con la scomparsa di Licio Gelli se ne vanno tanti segreti della Prima Repubblica. Protagonista di troppe zone oscure, Gelli non ha mai contribuito a dipanare le ombre che opprimono la storia italiana. Nel caso esistano documenti e materiali utili alla comprensione di vicende non chiarite, mi auguro che gli eredi compiano una scelta di responsabilità mettendoli a disposizione delle autorità competenti”. Questo il commento di Giuseppe Fioroni, presidente della Commissione d’inchiesta sulla strage di via Fani e la morte di Aldo Moro.

Presidente vittime Bologna: “Andrei a dare un’occhiata a villa Wanda”
Di possibili documenti in possesso di Gelli parla anche Paolo Bolognesi, presidente dell’associazione familiari delle vittime della strage di Bologna. “Io andrei a perquisire Villa Wanda” dice Bolognesei a cui viene chiesto se la speranza è quella di trovare qualcosa riguardo alla bomba del 2 agosto dell’80 che uccise 85 persone e ne ferì 200. Per il depistaggio delle indagini, Gelli venne condannato a 10 anni. “Bologna, o altre cose. Non si sa mai. Un’occhiata secondo me bisognerebbe dargliela”, risponde il presidente dell’associazione che ricorda di aver presentato recentemente un esposto alla Procura di Bologna “che ipotizza un coinvolgimento di Gelli non solo come depistatore, ma in modo molto più pesante, come mandante della strage. Speriamo che i giudici procedano a fare la loro parte”. Ipotesi che deriverebbe, secondo Bolognesi, dall’analisi dalle carte di una serie di processi, in particolare da quelle sul crac del Banco Ambrosiano, per cui il Venerabile venne condannato a 12 anni di carcere.

Legale: “Non fu burattinaio, ma un capro espiatorio”
Diverso il parere di uno dei legali storici di Gelli, l’avvocato Raffaello Giorgetti: “Si definì burattinaio, ma fu più una battuta che una descrizione della realtà. In ogni momento della cronaca e della storia serve un capro espiatorio, in quel momento trovarono lui”.
“Gelli non è stato il solo – continua il legale – Dopo c’è stato Berlusconi, dopodomani poi ci sarà qualcun altro. Ma tutto questo serve solo a distrarre l’opinione pubblica da cose più serie. Definivano Gelli un manovratore: lui non ha mai negato di conoscere tanta gente, ma non c’è niente di più”. I funerali saranno celebrati con una funzione religiosa nella chiesa della Misericordia a Pistoia, una decisione che per il legale non rappresenta una contraddizione per un ex massone. “E’ morto con i conforti religiosi, era molto religioso, molto spirituale”. Riguardo le ‘trame italiane’, Gelli, ricorda l’avvocato Giorgetti, “ha scontato le condanne per il concorso nel crack del Banco Ambrosiano e per il depistaggio sulla strage di Bologna”. Quindi, la definizione grande burattinaio ha avuto riscontri penali: “No – risponde il legale – Sono stati solo colossali errori giudiziari. Gelli non era un grande burattinaio, era un grande innocente”.

Gherardo Colombo: “Le sue carte dovevano restare a Milano”
Di Gelli non vuole invece parlare Gherardo Colombo, l’ex giudice istruttore milanese che con Giuliano Turone scoprì la lista con l’elenco degli iscritti alla loggia segreta P2 nel corso di una perquisizione a Castiglion Fibocchi. Il magistrato si sofferma però sui documenti scoperti: “Io sono convintissimo che se le carte fossero rimaste a Milano noi avremmo scoperto il sistema della corruzione, avremmo scoperto tangentopoli una decina di anni prima rispetto a quello che è successo”. Dice Colombo in un’intervista a RadioRai aggiungendo che “alcune cose che Gelli aveva scritto nel suo piano di rinascita si sono progressivamente nel tempo realizzate”. “Le indagini giudiziarie sono state spostate con grandissima rapidità da Milano a Roma”, ha ricordato Colombo, che ha spiegato che in quegli elenchi “di nomi ce ne erano tanti, c’erano i nomi delle persone di quasi tutti coloro che appartenendo ai servizi di sicurezza avevano depistato le indagini sulle stragi, c’erano i nomi di ministri, di parlamentari, di generali di carabinieri, di magistrati, c’era tutta la linea di comando del Corriere della Sera“. Secondo Colombo, Gelli “conosceva tante cose di tante persone. Noi oltre agli elenchi abbiamo trovato anche 36-37 buste sigillate dallo stesso Gelli e ciascuna delle quali conteneva una notizia di reato“.

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