Tutti i dipendenti lasciati a casa. E dal primo febbraio il partito non avrà nemmeno più una sede, visto che dovrà abbandonare gli uffici del palazzo in piazza San Lorenzo in Lucina, nel pieno centro di Roma. Parliamo di Forza Italia che tra un mese e mezzo diventerà una forza politica virtuale, senza un luogo fisico, un po’ come il Movimento Cinque Stelle.

L’aria era cattiva da tempo. Nel passaggio dal Pdl a Forza Italia, infatti, già 43 lavoratori erano stati messi in cassa integrazione e mai più ripresi. L’anno scorso, invece, di 81 dipendenti rimasti, 44 erano stati messi in cig al 50 per cento e altri 37 in cig a zero ore. La cassa integrazione scadrà il 28 febbraio e martedì a tutti i lavoratori è arrivata una email di due righe per annunciare l’avvio della procedura di licenziamento collettivo. La questione è stata poi spiegata mercoledì con una lettera della tesoriera Maria Rosaria Rossi sul sito di Forza Italia. “E’ grande l’afflizione di dover licenziare i nostri leali e qualificati collaboratori. Abbiamo provato di tutto in questi dodici mesi per evitarlo. Inutilmente, perché l’apertura della procedura di licenziamento si è posta come atto dovuto”, ha scritto la tesoriera azzurra. Il default di Forza Italia, secondo la Rossi, è dovuto alla la legge che ha abolito il finanziamento pubblico dei partiti e ha posto il tetto di 100mila euro a persona all’elargizione da parte di privati.

Il problema è che prima, oltre ai finanziamenti a pioggia garantiti dai rimborsi elettorali, in ogni momento era sempre Berlusconi ad aprire i cordoni della borsa. Ora invece, con la nuova legge, non è più così, perché il tetto riguarda addirittura i nuclei familiari: l’intera famiglia Berlusconi, per esempio, per legge può donare a Fi solo 100mila euro l’anno. Ma c’è anche che Berlusconi non ne vuole più sapere di continuare a gettare denaro in quello che con gli anni è diventato sempre più un pozzo senza fondo. Così, dopo aver ripianato negli anni scorsi 90 milioni di euro di debiti con le banche, l’ex Cavaliere ha detto stop.

A far precipitare le cose, inoltre, ci sono anche i mancati introiti da parte dei parlamentari: solo un 40 per cento tra deputati e senatori, infatti, versa la quota mensile al partito, nonostante le minacce della tesoriera. “Il problema è che in Forza Italia si è scialacquato per anni, organizzando iniziative faraoniche e campagne elettorali gigantesche, tanto poi c’era sempre Berlusconi che pagava. Da quando non è più così le casse del partito sono andate in tilt”, racconta un ex dipendente. Insomma, se tutti i partiti sono in crisi finanziaria, le altre forze, specie il Pd, nel corso del tempo hanno saputo gestire meglio i loro bilanci così da non trovarsi ora con l’acqua alla gola come invece è accaduto ai forzisti.

Ora i dipendenti, che devono prendere ancora metà stipendio di novembre, sono stati messi in ferie fino all’11 gennaio: quando torneranno, dovranno fare gli scatoloni perché la sede inaugurata in pompa magna nella primavera del 2013 (3mila metri quadri del costo di 960mila euro l’anno) dovrà essere lasciata entro fine febbraio. Se qualcuno di loro si salverà (forse una decina ma si tratta di voci non confermate), verrà trasferito a Palazzo Grazioli. Un po’ meglio stanno i loro colleghi che lavorano in Parlamento, una trentina alla Camera e altrettanti in Senato. Qui i denari destinati alla loro sopravvivenza vengono stanziati annualmente dalle presidenze di Montecitorio e Palazzo Madama, anche se alcuni, alla Camera, sono stati tagliati da Renato Brunetta.

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