Minimalista“, in giapponese “minimarisuto” è stata selezionata tra le finaliste per “la parola dell’anno in Giappone“, rispecchiando una tendenza che si sta diffondendo tra i giovani dell’arcipelago. La moda di vivere riducendo al minimo il possesso di oggetti materiali sta prendendo piede tra i trentenni, che condividono le proprie esperienze di rinuncia dei beni materiali, visti come ostacoli ad una vita libera. Attraverso le piattaforme di blogging, i minimalisti stanno formando una comunità che si scambia consigli su come sbarazzarsi del superfluo: affittare oggetti che si usano poche volte al posto di comprarli, togliere decorazioni dalle case per facilitare le pulizie. E uccidere sul nascere il desiderio del consumo.

“Posso impiegare il tempo nelle attività che mi piacciono senza sprecarlo nel pulire e organizzare i miei beni. E attraverso il mio blog ho incontrato altre persone che la pensano come me”. Così un trentenne di Osaka spiega al Japan News la sua “conversione” alla filosofia minimalista. Vivere senza possedere nulla non è un concetto particolarmente nuovo, ma è una stile di vita che negli ultimi anni sta diventando tendenza tra i giovani giapponesi. Il portale Nihon Blog Mura, un sito che raccoglie i blogger giapponesi, ha aggiunto la categoria “Minimalista” a giugno dell’anno scorso. Oggi raccoglie oltre 700 blog che trattano l’argomento.

Secondo Fumio Sasaki, autore di “Non abbiamo più bisogno di niente“, il termine sarebbe stato rispolverato dai due giovani americani che nel 2010 hanno aperto il sito web “The Minimalists” proprio per convincere che si può “vivere una vita ricca, possedendo meno”. Un’idea che avrebbe convinto molti giapponesi soprattutto oggi che “le tecnologie e i servizi che ci permettono di vivere senza troppi oggetti sono cresciute al punto da permetterci di ridurre con facilità quello che possediamo” spiega Sasaki sempre al Japan News. Pensate a quante funzioni può adempiere un piccolo smartphone collegato a internet. Immediatamente ci rendiamo conto che non c’è più bisogno di una macchina fotografica, di una televisione, uno stereo o una libreria. E la sharing economy? Quante sono le cose che possiamo semplicemente affittare all’occorrenza senza sentirci costretti a comprarle?

Nel suo libro, Fumio Sasaki descrive la sua vita da impiegato 36enne a Tokyo attraverso il suo appartamento di appena 20 metri quadri. Un divano letto e un armadio. La sua stanza può sembrare completamente vuota ma c’è tutto il necessario. Prima di capire che era “controllato dagli oggetti” la casa di Sasaki era piena di libri e cd che non avrebbe mai letto o ascoltato. Aveva anche diversi strumenti musicali che occupavano spazio ma erano utilizzati solo raramente. E vestiti che non indossava mai. E nonostante questo aveva ancora voglia di acquistare oggetti che ancora non possedeva. Ora, quando compra un libro, lo regala appena ha finito di leggerlo. E il resto lo affitta.

Il suo libro che è stato pubblicato a giugno scorso, è stato primo nella classifica Amazon e ha conquistato un pubblico sempre più ampio. Alcune librerie hanno perfino dedicato qualche scaffale alla sezione “minimalismo”. Secondo i commessi, sono molti i giovani colletti bianchi che ne comprano una copia tornando a casa dopo una giornata di lavoro. C’è addirittura chi porta questa tendenza all’estremo e sostiene di non avere neppure bisogno di una casa. Laptop e vestiti di ricambio nello zaino. Si può alloggiare in ostelli economici e lavorare su internet. E passaggio ancor più interessante, al minimalismo si starebbero convertendo anche alcune aziende. I media locali fanno riferimenti a una tipografia di Kyoto che avrebbe deciso due anni fa di sbarazzarsi di qualsiasi oggetto rimasto inutilizzato per due settimane. Da allora i profitti sarebbero aumentati del 30% ogni anno.

Di Cecilia Attanasio Ghezzi 

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