Secondo i magistrati albanesi l’impero dell’imprenditore romano Francesco Becchetti sarebbe costruito su “un enorme sistema di riciclaggio” e su truffe milionarie. Truffe in cui parte lesa e truffatore coincidono: sono sempre società riconducibili a Becchetti. Con questo sistema Becchetti ha incassato 38 milioni di euro più 5 evasi al fisco albanese. L’imprenditore è riuscito a costruire un tesoretto a suon di contenziosi inventati (tra sue società) e transazioni di contratti d’appalto a prezzi gonfiati (tra sue società). Come? Becchetti non era mai l’unico a pagare i rimborsi: in tribunale ha portato anche i suoi soci. Questo è quanto si legge nell’ordinanza con cui è stato rinviato a giudizio il più famoso “italiano d’Albania“, fondatore del primo canale trasmesso in Italia con sede sull’altra sponda dell’Adriatico: Agon Channel. Dal 26 ottobre Becchetti è agli arresti domiciliari a Londra, proprio a seguito della prima fase dell’inchiesta albanese. Da Tirana la magistratura ha fatto richiesta di estradizione.

Su Becchetti pesano quattro capi d’imputazione: falsificazione di documenti, appropriazione indebita, riciclaggio di denaro sporco ed evasione. Insieme all’imprenditore, ci sono altri italiani indagati: la madre Liliana Condomitti (per la quale non è stata chiesta la custodia cautelare), socia del figlio in quasi tutte le società, e Mauro De Renzis, il braccio destro di Becchetti in Albania, accusato anche di “contrabbando di beni”. A questi si aggiungono due impiegati dell’Agenzia Nazionale delle Risorse Naturali, accusati di aver redatto documenti falsi, Erjona Tropilini, collaboratrice di Becchetti e socia di minoranza delle sue aziende albanesi, e Stavri Peci, direttore tecnico della Kalivac Green Energy, anche lui accusato di aver falsificato le carte.

Secondo l’accusa tutto il sistema comincia appunto dalla Kge, società attraverso la quale Becchetti dice di voler realizzare l’opera più ambiziosa: una diga sul fiume Vjosa nella città albanese di Kalivac, nel sud del Paese. Con la diga, il progetto di Becchetti è costruire un impianto elettrico da 80 megawatt. Correva l’anno 1997 quando l’imprenditore si aggiudicò la licenza. I lavori non sono mai stati conclusi, però. L’impresa è al 100 per cento controllata da Hydro srl, che a sua volta dal 2007 al 2013 è stata per il 55 per cento di proprietà della holding di famiglia Becchetti energy group-Beg spa e per il restante 45 per cento dalla Deutsche Bank. Oggi appartiene solo a Beg.

Kge ha pagato per realizzare l’opera Energij, altra società di famiglia (azionista di maggioranza è la Costruzioni srl, di proprietà della madre): secondo i magistrati il sovrapprezzo con cui ha venduto i contratti di lavoro a Kge è altissimo, anche 23 volte il valore reale. Un modo per ripulire denaro facendolo girare tra le sue società. Il sistema dei contenziosi comincia nel 2007 e prosegue fino al 2013. Nel 2009 chiede un risarcimento da 48 milioni di euro a Kge per 911 giorni di lavoro mai pagati. La Camera arbitrale albanese (Medart) dà ragione a Energij, ma secondo i magistrati il verdetto si basa su documenti falsificati. I lavori non sono mai svolti, sostiene l’accusa. A risarcire sono state Beg e Deutsche Bank, azionisti di Hydro.

Oltre agli arbitrati in Albania, Becchetti ne ha portati avanti altri sul piano internazionale. Tre dei quali con Deutsche Bank, socia in Hydro srl e accusata di “inadempienze”. Finora a riguardo non è emerso nulla nell’inchiesta, ma restano un’ombra nella storia di Becchetti, visto che risalgono allo stesso periodo sul quale lavora la procura. Due arbitrati sue tre si sono chiusi con la sconfitta della banca, che ha versato, secondo i media, 159 milioni di euro a Becchetti. Nei bilanci ufficiali si ritrovano solo 29 milioni del novembre 2011, mentre per l’ultimo contenzioso in cui sono stati chiesti dall’imprenditore oltre 440 milioni di euro (del 2012) nei report di Deutsche Bank non si fa mai cenno alla cifra accordata alla fine.

La holding familiare Beg, fulcro del potere di Becchetti, ha tra gli azionisti, al 10%, anche lo zio Manlio Cerroni, re della discarica di Malagrotta. Compagno di avventure del nipote dal 2004 a Kashadra, dove i due avrebbero voluto realizzare una discarica, è anche socio di Albania Beg, il ramo albanese di Becchetti Energy Group. Lo schema di riciclaggio di denaro, continua l’accusa, poggia poi sulle altre società albanesi di Becchetti e dei suoi familiari o collaboratori: Cable System, 400KV, Investime të Rinovueshme, Fuqi e AgonSet, la proprietaria di Agon Channel. Cable System e 400KV, secondo la procura, non avevano nessuna reale attività economica e servivano solo da tramite per veicolare il denaro su AgonSat.

Francesco Becchetti fin dall’inizio ha bollato l’inchiesta come “una montatura”. In un comunicato del 4 novembre scriveva che la magistratura di Tirana ha uno scopo politico, visto che AgonSet e Agon Channel “hanno trasmesso storie critiche nei confronti del Governo”. In particolare Becchetti contesta il reato di riciclaggio per il quale, a suo parere, non c’è alcuna specifica dell’origine illecita delle fortune dell’imprenditore.

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