Dopo i teatri di prosa, l’occupazione si sposta negli spazi della lirica: è da quasi un mese, infatti, che un gruppo di lavoratori della Fondazione Arena di Verona occupa una sala della sede dell’ente lirico. “Non si tratta solo di una rivendicazione salariale”, precisa Dario Carbone, segretario locale della Fials (Federazione italiana autonoma lavoratori dello spettacolo), una delle quattro sigle che rappresentano i circa 250 artisti e maestranze. “La Fondazione è al collasso e di fronte al rischio del fallimento, o alla drastica riduzione dei posti di lavoro, chiediamo una gestione economica e politica più sana e razionale, se non un cambio ai vertici dell’ente: la responsabilità del default è della Sovrintendenza e del Comune e le conseguenze non possono ricadere sui lavoratori”.

Intanto Roberto Bolis, portavoce del sindaco Flavio Tosi ma anche capo ufficio stampa della Fondazione, fa sapere che “l’amministrazione ha appena stanziato 2,5 milioni di euro per l’Arena in modo che questa possa pareggiare il bilancio consuntivo del 2015”. Per quest’anno, quindi, si stima un passivo di soli 2,5 milioni di euro a fronte degli oltre 6 del 2014; lo stato di salute dell’ente lirico comunque continua a peggiorare, anche a causa dei “La Fondazione è al collasso e di fronte al rischio del fallimento, o alla drastica riduzione dei posti di lavoro, chiediamo una gestione economica e politica più sana e razionale. Secondo la Fials il buco risale già al 2013, “ma con un maquillage al bilancio, i conti sono stati fatti tornare”.

In quel caso fu presentato un esposto in procura contro un’operazione tra la Fondazione e la società Arena Extra, una Srl controllata al 100% dalla Fondazione e il cui amministratore unico è Francesco Girondini, sovrintendente della Fondazione: gli anonimi estensori dell’esposto denunciavano che, per estinguere un debito di oltre 5 milioni, la Fondazione vendette “un congruo pacchetto di scenografie e costumi all’Arena Extra”, vantando in tal modo un credito ad hoc per pareggiare il bilancio. Secondo Carbone, “si è trasformato un debito in un credito, debito che però si è ripresentato, e aggravato, nel 2014”. Secondo Bolis, “questo è un escamotage di bilancio” più che lecito.

In ogni caso la Fondazione è corsa ai ripari, commissionando alla società di consulenza Kpmg un piano industriale per il 2015-2017, piano che dovrebbe ridurre il debito e rilanciare l’attività: sempre nel 2014, i ricavi da sbigliettamento e tournée sono diminuiti di quasi 4 milioni di euro. In questo documento, ancora da discutere tra le parti, si ipotizza un taglio dei costi del personale di circa 1,1 milione di euro all’anno, più una cospicua riduzione delle spese operative e altri interventi di razionalizzazione.

Ma il sindacato dissente: “I nostri stipendi sono fermi da 10 anni senza adeguamento salariale. Inoltre all’Arena il costo del personale non supera il 50% dei ricavi, a differenza di altri enti lirici che arrivano al 90%. Qualcuno della dirigenza vorrebbe, poi, esternalizzare alcuni dei nostri fiori all’occhiello, come il corpo di ballo, ma noi siamo contrari: innanzitutto il risparmio non è matematico e, soprattutto, gli artisti sono la materia prima del teatro. Gli sprechi andrebbero cercati altrove: ad esempio, all’Arena Museo Opera, che costa un milione, non ha pari entrate e non fa spettacolo dal vivo. Noi non siamo contro il museo, è ovvio, ma è assurdo che sia a carico di un’istituzione musicale”.

Intanto i soci della Fondazione (Comune, Stato, Regione Veneto, Provincia di Verona e Camera di Commercio) stanno progressivamente tagliando i contributi al loro ente: “Nel 2014 non abbiamo ricevuto alcun finanziamento comunale”, continua Carbone. “La Provincia non esiste più e la Camera di Commercio versa appena un milione a fronte dei 400 di indotto che l’Arena produce sul territorio”. Anche il Fondo Unico per lo spettacolo è sceso da 14 milioni del 2012 ai 12,5 del 2014 e per questo la Fondazione ha fatto ricorso al Tar: con meno entrate dal Pubblico e meno ingressi di pubblico l’Arena rischia di arenarsi per sempre.

Da il Fatto Quotidiano di venerdì 11 dicembre

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